Trent’anni fa la Opel Omega Lotus

Oggi si parla di sovralimentazione legata al downsizing e al contenimento dei consumi. Nel 1989 faceva scalpore una berlina di grosse dimensioni con motore biturbo e superprestazioni
Termina domenica 17 marzo il Salone di Ginevra dell’automobile, che ha confermato la tendenza dell’auto dio andare verso soluzioni ibride ed elettriche, anche per quanto riguarda le supersportive.
Trent’anni fa la situazione era molto diversa: basti pensare alla presentazione, avvenuta allo stesso salone elvetico nel 1989, della Opel Omega Lotus: una berlinona sportiva dotata di un motore V6 biturbo di 3,6 litri, da 377 Cv. Non che oggi questi numeri non si trovino nella produzione, anzi: quella potenza è appannaggio di auto di segmento B, con motori di cubatura appena superiore alla metà di quella della Omega. Era però il concetto che fece scalpore, e ancora più il fatto che quella vettura portasse il nome della Lotus, come anni prima era peraltro avvenuto con la Cortina della stessa Casa tedesca.
“È costruita con i pezzi avanzati da Robocop!” sostenne qualche appassionato osservando la Opel Omega Lotus, che sul mercato britannico si chiamava Vauxhall Carlton Lotus.
Cambio a sei marce
In effetti questa specialissima interpretazione dell’ammiraglia della gamma Opel era una
sorta di sofisticata operazione di tuning applicato ad una berlina alto di gamma. Appendici
aerodinamiche di ogni genere tradivano la presenza della trasformazione che le permetteva di raggiungere i 100 km/h con partenza da fermo in meno di 5,4 secondi. Niente male per una grande berlina a 4 porte!
Per questa super-Omega, prodotta in numero limitato, la base fu la Omega 3.000 (scocca ed elementi delle sospensioni), a cui furono aggiunti testa in alluminio con 24 valvole, due turbocompressori Garrett con intercooler, doppia accensione.
C’era poi il cambio manuale a 6 marce (una rarità all’epoca), con la sesta “di riposo”, come si diceva una volta, e la frizione da 9,5” per resistere alla enorme coppia del motore; in essa la molla a diaframma non lavorava in compressione come di solito, bensì in trazione, per aumentare la pressione di contatto sullo spingidisco con uno sforzo al pedale ridotto al minimo.
Altre modifiche importanti erano nella sospensione posteriore e il passo allungato di 18 mm. Enormi i pneumatici: anteriori da 235/45-17 e posteriori 265/40-17 con freni a disco
ventilati da 320 mm.
Interni di lusso
L’equipaggiamento interno della Opel Omega Lotus prevedeva tappezzerie, cruscotto e pannelli
porte in pelle Connolly di alta qualità. I sedili anteriori riscaldati erano di tipo sportivo con
poggiatesta e regolazione elettrica memorizzabile della posizione. Quelli posteriori,
anch’essi dotati di poggiatesta, erano sagomati separatamente per garantire maggiore
comfort ai passeggeri.
La dotazione di serie prevedeva alzacristalli e tetto apribile comandati elettricamente,
impianto autoradio/mangianastri stereo, aria condizionata e computer di bordo.
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