Verstappen ha contratto la patologia di tutti i piloti F1: “mal di schiena da effetto suolo” | Finalmente è finito il suo calvario
Verstappen e il suo mal di schiena @automobilismodepoca, wiki
Max Verstappen dice addio alle monoposto a effetto suolo: “Non mi mancheranno”. E ammette: “Ho la schiena a pezzi”.
Per anni le Formula 1 a effetto suolo sono state presentate come la svolta capace di rendere più facile seguire chi sta davanti e, quindi, aumentare duelli e sorpassi. Eppure, nel racconto di Max Verstappen, quel progetto non solo non lo ha convinto fino in fondo, ma gli ha lasciato addosso un peso fisico che molti appassionati associano ormai a questa generazione di vetture: il mal di schiena “da effetto suolo”, fatto di colpi, vibrazioni e scomodità che tornano spesso nelle parole dei piloti.
La “bruttissima” verità, stavolta, non arriva da un dato tecnico ma da un’ammissione diretta: Verstappen saluta l’era che lo ha visto dominare, ma lo fa con un sospiro di sollievo. Il suo “calvario” non è legato ai risultati, tutt’altro: con queste macchine ha costruito una parte enorme del suo palmarès. È proprio per questo che la frase colpisce ancora di più, perché racconta che si può vincere tanto e, allo stesso tempo, non avere alcuna nostalgia per ciò che si guida.
Quando la vittoria non basta a rendere una macchina “piacevole”
Verstappen è stato il re dell’era a effetto suolo: con queste vetture ha conquistato tre dei suoi quattro titoli, oltre a 51 vittorie, 35 pole position e 67 podi. Numeri che sembrano il manifesto di un’epoca felice. E invece lui guarda già oltre, verso la sfida del 2026, convinto che l’obiettivo dei regolamenti 2022, pensati anche da Ross Brawn, non sia stato centrato come promesso.
Nel suo ragionamento c’è una fotografia precisa dell’evoluzione: all’inizio “seguire gli altri era bello”, poi non più. Racconta che oggi magari c’è più controllo rispetto alle vecchie macchine, quando sovrasterzo e sottosterzo potevano essere estremi, ma sostiene che la scia non aiuta come prima e non è sufficiente per superare. È il paradosso che lo porta a dire, senza girarci attorno, che queste auto non gli mancheranno.

La frase sulla schiena che riassume anni di fatica e vibrazioni
Il punto più forte, però, non è la critica sportiva. È la confessione fisica: “Non le ho trovate molto divertenti da guidare, e non sono state per niente comode”, arriva a dire, aggiungendo che la schiena “sta crollando a pezzi” e che anche i piedi gli fanno sempre male. È qui che l’etichetta del “mal di schiena da effetto suolo” prende forma: non come diagnosi, ma come modo diretto di descrivere un disagio che, nel suo caso, è diventato costante.
Dentro quella frase c’è anche la liberazione: se il 2026 rappresenta un cambio pagina, per lui significa chiudere un periodo di successi accompagnati da scomodità. Non rinnega ciò che ha ottenuto, ma lascia intendere che la fatica si è accumulata stagione dopo stagione, fino a trasformare ogni weekend in un compromesso tra prestazione e resistenza. E quando aggiunge che preferiva le vetture del 2015-2016, non sta facendo nostalgia gratuita: sta indicando il tipo di guida e di sensazioni che, finalmente, spera di ritrovare.
