Automobilismo d'epoca

47 AUTOMOBILISMODEPOCA.IT |APRILE 2023 Una piccola coupé rossa guizza in città, muovendosi agile nel traffico del centro già piuttosto caotico e scattando rapida ai semafori. Siamo agli albori degli anni Sessanta, ancora non esistono le zone pedonali, i taxi sono verdi e neri e gli autobus si muovono minacciosi, con gli autisti che con gran lavoro di braccia ruotano enormi volanti per compiere manovre millimetriche, impossibili per normali esseri umani. Infatti suscitano l’ammirazione incondizionata dei ragazzini che, incuranti dei richiami delle madri, li guardano incantati, appoggiati alla grande campana di fianco al posto di guida: là sotto si sente ruggire un grosso motore diesel, potente e fragoroso. La coupé rossa supera di slancio l’autobus che sta per fermarsi, ancora un paio di semafori e si arresta. Parcheggia nell’unico spazio libero rimasto lungo il marciapiede, troppo piccolo per ospitare una berlina di normali dimensioni, ma perfetto per lei. A patto di indovinare la manovra, impresa non sempre facile. Che però riesce perfettamente: tre soli movimenti, proprio come prescritto dalla Scuola Guida. La portiera si apre e dall’auto esce una donna, età indefinita ma si potrebbe supporre intono alla quarantina, aspetto sportivo-chic, decisamente affascinante. Chiude la macchina e scompare nel negozio di abbigliamento lì di fronte. Quello che abbiamo descritto avrebbe potuto essere lo storyboard di uno spot pubblicitario del 1960, se già fossero esistite a quel tempo le TV commerciali. Non c’erano ovviamente, ma in termini di marketing quello era il posizionamento della NSU Sport Prinz, una Gran Turismo in miniatura pensata per essere una vettura di nicchia ma anche per colmare un vuoto nella produzione automobilistica del tempo. Le Ferrari, le Maserati, le Aston Martin erano destinate ad un pubblico di pochi privilegiati, facoltosi imprenditori o personaggi di successo nel mondo dello sport e dello spettacolo, e a nessun altro. Gli automobilisti normali, da poco riusciti a raggiungere il benessere sull’onda del boom economico, non avevano molte possibilità di sperimentare il piacere di possedere un’auto sportiva e il gusto della guida brillante. Certo, c’erano le Alfa Romeo e in particolare le Giulietta Sprint e Spider, ma erano già oltre quella soglia di cilindrata e di costo che costituiva un limite invalicabile per l’acquisto della prima automobile o anche della seconda auto di famiglia, come spesso poteva essere una coupé a due soli posti. Sotto i 1.000 di cilindrata si trovava qualche coupé a listino, ma troppo particolare. C’erano le Abarth 750 Bialbero e 850 coupé, però erano vetture da corsa, costose e poco o nulla utilizzabili quotidianamente. Idem dicasi per le esclusive Cisitalia 750 coupé e spider o per le Moretti e Siata, tutte derivate dalla Fiat 600 e costruite in pochissimi esemplari. L’unica offerta in grado di accontentare un vasto pubblico ad un prezzo un po’ elevato ma ancora accessibile, poco più di un milione di lire nel 1960, era la Sport Prinz, sfiziosa nella linea, economica nella gestione del piccolo motore, divertente da guidare. Costava come due Fiat 500 e forse qualcosa in più, ma le prime sportive abbordabili, come la Fiat 1200 Cabriolet, costavano quasi come tre 500. Insomma, l’idea era buona, tutto stava nel capire come l’automobilista italiano avrebbe reagito. Lanciata nel 1959, la Sport Prinz mostra subito una interpretazione molto particolare della piccola sportiva derivata da una utilitaPERSONALITÂ RITROVATA La Sport Prinz ha una sua forte personalità, che ne fa oggi oggetto di attenzione da parte di avveduti collezionisti, non soltanto di stretta osservanza NSU. Questo esemplare è del 1964 e appartiene a Fabio Magnanelli, collezionista torinese.

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