Correva l’anno (e la Mercedes) alla 1000 Miglia

Abbiamo visitato Classic Center e Museo della Casa tedesca, che ha festeggiato la vittoria di classe
della berlina “Ponton” alla “Freccia Rossa” del 1956
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La Mille Miglia del 1956 non va ricordata solo per il trionfo della Scuderia Ferrari, che all’arrivo a Brescia conquistò i primi quattro posti della classifica assoluta con Castellotti, Collins, Musso e Fangio, ma anche per la vittoria di categoria della Mercedes 220a Ponton, arrivata 25esima assoluta e vincitrice della classe Turismo oltre 2.000 cc con l’equipaggio Erwin Bauer/Eugen Grupp. E siccome i tempi erano quelli, eroici, in cui ci si arrangiava come si poteva, sia il viaggio di andata sia quello del rientro a casa, a Stoccarda, fu fatto dai due piloti coi propri mezzi, cioè per strada e con la stessa macchina che aveva partecipato alla corsa.
Per celebrare quel grande risultato, in occasione dell’edizione 2017 della Mille Miglia storica, Mercedes-Benz ha messo a disposizione della stampa italiana dieci esemplari della nuovissima Classe E 220d, preparati in uno speciale allestimento rievocativo? , per percorrere ancora una volta quasi le stesse strade che nel 1956 riportarono a casa Bauer e Grupp. Da Milano a Stoccarda e ritorno, in due giorni. Quasi 1.200 chilometri, una sorta di long run test (in versione Audax? nel viaggio di andata) che ha consentito di sperimentare prestazioni, comfort e raffinatezze tecnologiche di una berlina tutta da scoprire e da guidare. Da provare anche in modalità “guida assistita”, che consente di staccare le mani dal volante (da impugnare però per un istante ogni 40 secondi per segnalare al sistema la propria vigilanza) e di affidarsi alla tecnologia per mantenere la velocità di crociera, rispettare la distanza di sicurezza, cambiare corsia per sorpassare e rientrare, seguire il tracciato stradale, evitare gli ostacoli improvvisi. Un tipo di guida da considerarsi ormai acquisito ai giorni nostri, pur se per ora disponibile solo per le auto di categoria superiore, ma che fa anche pensare con trasporto alla guida sicuramente molto più fisica e istintiva che Bauer e Grupp adottarono nella loro galoppata vincente di sessant’anni fa. Per questo le due visite previste dal programma di viaggio, prima al Mercedes-Benz Classic Center di Fellbach, alle porte di Stoccarda, e poi al Mercedes-Benz Museum, ci hanno riportato in sintonia con un concetto di automobile rivolto certamente al presente, ma che non può prescindere dal glorioso passato.

Classic Center
Il Classic Center è operativo dal 1993 ed è stato il primo del suo genere inaugurato da una grande Casa automobilistica. Si occupa di tutto quanto può interessare o servire all’appassionato e al collezionista proprietario, o aspirante tale, di una Mercedes-Benz classica: dalla semplice manutenzione al reperimento del ricambio originale o ricostruito garantito, al ripristino di un esemplare ben conservato fino al restauro totale, compresa la ricostruzione dei particolari mancanti.
Il tutto completato dalla ricerca delle informazioni di base di quel particolare modello, fino alle notizie più specifiche relative al singolo esemplare con una storia presunta o reale da indagare. Questo significa avere a disposizione un servizio indispensabile per consentire di rispettare la assoluta fedeltà all’originale.
La visita all’interno dei capannoni dedicati al Classic Center è quanto mai istruttiva. Passata la (quasi) scontata rassegna di una trentina di auto perfettamente restaurate e lucenti in bella esposizione, alcune delle quali anche in vendita, dall’immancabile ma sempre fantastica 300 SL Gullwing alle più terrene Serie S W116 e W124, si entra nel cuore pulsante del Centro. Divise per area a seconda del modello storico e del tipo di intervento necessario, le macchine in lavorazione sollevate sul ponte o appoggiate sulle loro quattro ruote mostrano senza pudore le proprie nudità e sofferenze. Di un’altra 300 SL possiamo toccare con mano il fondo completamente marcito con gli scatolati sottoporta aperti per tutta la lunghezza, in netto contrasto con l’abitacolo invece apparentemente in perfette condizioni. Poco più in là, una 190 SL rossa, appena riverniciata e con le sospensioni già montate, aspetta il suo motore mentre mani svelte ma delicate montano gli interni in pelle, appena rifatti. Un’intera ala è dedicata a una piccola fila di 600 Pullmann, la prima priva di motore, le altre in fase ormai avanzata di completamento. In un angolo più defilato, una visione che non si dimentica: a poco più di due metri d’altezza una bellissima W 196, identica a quella con cui Fangio vinse nel ’55 il Campionato del mondo di F1, svela tutti i suoi segreti. Possente, essenziale, compatta, ci incanta per venti minuti buoni con l’incrocio di quel bel telaio che sotto la carrozzeria lambisce la meccanica e lìabbraccia senza sprecare un centimetro di spazio prezioso, lasciando che gli otto bellissimi collettori di scarico trovino la giusta via d’uscita.

Museo
Naturalmente l’attività del Centro non si limita a seguire le auto affidategli dai clienti, ma segue anche la manutenzione e la preparazione delle auto del Museo. Un compito impegnativo, perché attualmente il Museo ospita circa 160 vetture che abbracciano pressoché tutta la storia dell’automobile, fino a spingersi verso il futuro. Progettata e organizzata a spirale, la struttura di cemento armato e vetro del Museo culmina con un soffitto che disegna una enorme stella: sembra quasi di raggiungerla quando, per iniziare la visita, partendo dal piano più alto, si sale con un ascensore molto avveniristico che appena in movimento proietta sulle pareti immagini coerenti col periodo storico del piano attraversato. Iniziata la visita, il primo impatto è sorprendente: un grande cavallo, primo mezzo di trasporto utilizzato dall’uomo, segna l’ingresso per accedere alla sala dedicata all’avvento del motore a scoppio, esemplificato dal quadriciclo di Daimler e Maybach e dal triciclo di Karl Benz. Si parte dunque dal 1886 e da lì comincia l’avventura. Visitando le sale e scendendo lungo la spirale si dipana il filo della storia, intrecciando sviluppo industriale, ricerca tecnologica ed evoluzione della società, ivi comprese le grandi tragedie belliche e i grandi successi sportivi. E le curiosità, come la station wagon trasformata in laboratorio mobile per la raccolta dei dati della vettura in prova, per l’occasione una W 111. Tutto normale, se non fosse che la trasmissione dei dati avveniva attraverso un incredibile reticolo di cavi che collegavano l’auto in test con il laboratorio mobile. Siamo a metà anni ’60, come dire un’era geologica fa. Un distacco temporale e tecnologico che viene esaltato al massimo nella sala dedicata alle “Frecce d’Argento”, e cioè alle Mercedes-Benz da corsa.
L’evoluzione delle automobili appare incredibile quando riesci a confrontarle così tutte insieme, in un unico colpo d’occhio. Quando però riesci a considerarle da vicino, una ad una, ti accorgi anche della presenza forte dell’unico elemento che le accomuna, la ricerca appassionata dell’eccellenza progettuale. Il resto, il coraggio, l’hanno messo i piloti che le hanno guidate. Ma questa è un’altra storia.
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