Dell’abitacolo non abbiamo ancora parlato, lo facciamo ora per segnalare che si tratta di un posto molto piacevole in cui stare: sufficientemente spazioso all’altezza delle spalle, presenta un ampio ripiano posteriore dove appoggiare borse e cappotti e una bella plancia in puro stile inglese dotata di abbondante e ben disposta strumentazione. Solo la posizione delle braccia, sempre piuttosto rannicchiate, non è completamente soddisfacente come peraltro l’eccessivo diametro del volante; molto strana appare poi la colorazione bianca della plancia indipendentemente dal colore della vettura. Sulla “A” essa è rivestita in legno come dovrebbero fare sempre gli inglesi quando non sanno esattamente cosa fare, onde evitare ricorrenti passi falsi. A questo punto la nostra protagonista, specie se dotata dell’overdrive sulle tre marce superiori ottenibile a richiesta, è diventata un’auto molto godibile anche in lunghi viaggi autostradali; ciò che le manca per la perfezione è un motore più prestante per il quale le richieste degli appassionati sono sempre più ineludibili. Tra l’altro la soluzione è già presente in casa: l’unità a sei cilindri in linea da due litri e mezzo ottenuta rialesando e alimentando a iniezione il due litri della berlina 2000 presente a listino fin dal 1963; questo trapianto dà origine alla regina indiscussa della serie Triumph TR: la 5 che combina questo nuovo sontuoso propulsore con la classica carrozzeria disegnata da Michelotti.
Dal muso della TR5 scompaiono il foro per la manovella d’avviamento, il listello verticale centrale della calandra e la scritta Triumph sul cofano (sostituita da uno stemma trapezoidale con il nome del modello) e sono offerti di serie copricerchi tipo “Rostyle” candidati alla vittoria tra i più brutti della storia dell’auto e quindi da sostituire al più presto con quelli a raggi.
Da non confondere con questo soprano è la versione a carburatori TR 250, allestita per quegli stati USA (come la California) dove le norme antinquinamento hanno cominciato a creare grattacapi ai progettisti già negli anni ‘60 del secolo scorso: depotenziata in maniera drammatica fino ai 104 CV di una TR4, era spesso impietosamente “personalizzata” con una striscia adesiva in colore contrastante e posta di trasverso al cofano motore: un vero insulto!
Non cambia però l’accogliente abitacolo che, su queste sei cilindri, presenta finalmente il volante adatto con diametro ridotto, corona in pelle e razze imbottite insieme con poltroncine molto più confortevoli. Purtroppo la magnifica TR5, degna concorrente della Mercedes SL, rimane in produzione soltanto due anni (il 1967 ed il 1968) prima di lasciare il posto alla TR6, ugualmente eccellente e anche piuttosto bella ma meno affascinante della progenitrice.