Opel Omega Lotus: esagerata!

Il marchio di Hethel su una berlina da 17 quintali e quasi 400 CV è una contraddizione. Ma a volte gli opposti si attraggono, e la GM, all’epoca proprietaria di Lotus, lo usò per realizzare una berline agli steroidi

Nessuno può più far finta di niente: la BMW M5, a metà anni ‘80, ha creato un precedente imprescindibile; da quel momento si è capito che lo spazio per una berlina molto sportiva esiste su tutti i mercati automobilisticamente evoluti del mondo.

I Costruttori più accorti si mettono subito al lavoro, ognuno nell’ambito delle proprie caratteristiche peculiari, per sfruttare questo nuovo filone e la più sollecita è, incredibilmente, la Lancia, con la sua Thema 8.32: inevitabilmente a trazione anteriore, ma molto ben progettata, consente a chi la guida di assaporare in pieno il V8 Ferrari che ha trovato posto sotto al cofano.

Poco dopo è la volta della Mercedes-Benz, che opera invece attraverso il trapianto del V8 da cinque litri, riservato fino a quel momento alla Classe S, sulla Classe E: ne scaturisce un’auto velocissima, forte di 326 CV, ma con un carattere tipicamente Mercedes fatto di comodità, solidità e cambio automatico.

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20 esemplari per l'Italia

In questo quadro, le branche europee della General Motors (Opel in Germania, Vauxhall in Gran Bretagna) non possono restare inerti a guardare cosa fa la concorrenza; forte, la Casa madre, anche di essere proprietaria di uno dei Marchi sportivi per eccellenza: la Lotus.

Quando sono convocati presso la sua sede a Hethel nel Norfolk, Paolo Soffritti e Mario Oetiker, allora titolari delle due Concessionarie italiane prescelte per le vendite dei venti esemplari destinati al nostro mercato (a titolo di cronaca, si tratta della “Nando Soffritti”di Milano e della “Autoimport” di Roma), molto probabilmente sanno già di cosa si parlerà.

Molto più difficile per loro, abituati a vendere delle Opel (con tutto il rispetto), è immaginare la caratura tecnica di ciò che si troveranno davanti: già l’aspetto rivela qualcosa di molto speciale, anche se non è difficile riconoscere, sotto sotto, la berlina diesel che frotte di rappresentanti lanciano sulle corsie di sorpasso delle nostre autostrade sul filo dei 160 all’ora, seguite dalla consueta scia di fumo nero dei diesel anni ‘80 spremuti al massimo.

Personalizzazione corretta

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Gli interventi però sono tutti estremamente qualificanti con la sola eccezione, forse, dell’alettone sulla coda che può apparire eccessivamente vistoso pur essendo, per una volta, ampiamente giustificato dalle esigenze di deportanza che velocità vicine ai 300 km/h presentano. Se poi qualcuno ha montato qualcosa di simile anche sulla propria diesel non è certo colpa della Lotus. Di ottimo gusto tutto il resto: appendici aerodinamiche tutto intorno la parte bassa della carrozzeria, sfoghi d’aria sul cofano motore, stemmi Lotus sulle fiancate, doppio terminale di scarico rettangolare, cerchi specifici Ronal da 17” in lega leggera, appositi parafanghi supplementari, enormi prese d’aria anteriori dedicate rispettivamente all’intercooler, quella centrale, e ai radiatori dell’olio, le due laterali.

Comoda e accogliente

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Anche l’abitacolo è correttamente personalizzato e non siamo d’accordo con la stampa inglese che lamentò la presenza di troppa plastica grigia attorno alla plancia, identica a quella della versione di serie: non si poteva fare altrimenti se non si voleva “spallare” con il prezzo, comunque già piuttosto elevato (al debutto la Omega Lotus costa molto oltre il doppio della Omega da cui deriva: 116 milioni di Lire contro 51).

I sedili sono sontuosi: contenitivi, rivestiti di pelle nera e dotati di appoggiatesta; qualche inserto in radica qua e là riesce ad elevare il tono generale dell’abitacolo come il rivestimento dei pannelli porta in alcantara grigia, la targhetta numerata dell’esemplare sulla plancia e la scritta Omega Lotus sulle soglie delle porte; graziosamente il tetto apribile elettrico e lo stereo con lettore di cassette sono forniti di serie.

Pollice verso invece per la strumentazione che non presenta differenze rispetto alla 2.0 ie (inaccettabile l’assenza del termometro dell’olio e del relativo manometro, assieme a quello del turbo) e anche per il volante troppo simile a quello della Opel Calibra: qualche incongruenza, insomma, ma in un quadro generale più che valido.

Due turbo Garrett T25

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Che risalta in pieno sul piano meccanico, dove la GM surclassa gli avversari con un “piatto” ottimamente cucinato; ne illustriamo la ricetta. Si prende una berlina di classe medio alta, tanto per stare in tema con quanto fatto dalla concorrenza, già ottimamente motorizzata (la Opel Omega 3.0i 24V era una vettura già in grado di soddisfare palati finissimi) e, da Rüsselsheim in Germania dove è nata, la si trasferisce via nave presso un atelier che, nella fattispecie, è il già citato quartier generale della Lotus a Hethel, dove per lei è stata allestita una linea ad hoc.

Là entrano in azione i chirurghi che cominciano dal motore: la cilindrata sale da tre a 3,6 litri attraverso la sostituzione dell’albero motore con uno irrobustito e dalla corsa maggiore; i pistoni sono sostituiti con dei Mahle raffreddati da getti d’olio; lo spinterogeno è sostituito da tre bobine gestite da un computer EMS (Engine Management System); a lato scarico sono applicati due piccoli turbocompressori Garrett T25, ognuno al servizio di tre cilindri, con l’aria compressa raffreddata da un intercooler davanti al radiatore e a sua volta raffreddato a liquido.

Quelle piccole giranti, dotate ognuna della propria waste-gate, hanno pochissima inerzia e spingono forte già a basso regime, tanto che a 2.000 giri sono disponibili ben 41,5 kgm; la potenza di 377 CV è competitiva con quella espressa dalle più esotiche supercar del periodo, come la Ferrari Testarossa (390 CV), la Maserati Shamal (326 CV), la Porsche 928 GT (330 CV) e la leggendaria prima versione della Chevrolet Corvette ZR1 (383 CV).

Quest’ultima, essendo parente per parte di madre (la GM), ha rischiato di condividere con l’Omega Lotus il suo modernissimo motore V8 a 32 valvole ma, visto che non si riusciva proprio a farlo stare nell’apposito vano, le ha lasciato, come consolazione, il cambio ZF a sei marce, l’unico disponibile in famiglia in grado di gestire tanta prestazione: è un cambio dalla rapportatura extra lunga che, nonostante la manovrabilità un poco “legnosa”, ci pare tutto sommato adatto anche alle caratteristiche di questa superberlina. Non sono tanto gli 80 km/h in prima, o i 160 in terza, ad impressionare, quanto i 290 in quinta e i 72 km/h a 1.000 giri in sesta, così che a 130 il motore sussurra a 1.800 giri. Meno male che, come abbiamo visto, la coppia non manca.

Un fatto che aiuta anche, volendo, a cambiare il meno possibile: cosa gradita perché per l’azionamento della frizione da 24 cm di diametro è meglio prevedere un breve ciclo di esercizi in palestra nonostante si sia tentato di addomesticarla con una molla a diaframma che lavora in trazione anziché in compressione; si prosegue nel reparto trasmissione con il relativo albero che è stato suddiviso in tre sezioni, collegate tra loro da giunti omocinetici, con l’ultima che confluisce in un differenziale autobloccante al 40%.

Il telaio non è stravolto rispetto a quello della Omega 3.0i 24V, ma soltanto adeguato al quasi raddoppio della potenza da gestire: le modifiche sono concentrate al retrotreno, dove due puntoni collegano la scocca alla struttura in lamiera che sostiene i bracci in modo da meglio guidarli quando si trovano sotto sforzo nelle accelerazioni all’uscita di curva; intervento che porta a un allungamento del passo di 18 mm, che contribuisce alla stabilità in rettilineo alle altissime velocità.

I freni, della AP, sono dischi autoventilanti da 330 mm davanti e da 300 mm dietro, assistiti dall’ABS, con quelli anteriori bloccati da pinze a quattro pistoncini; i cerchi e gli pneumatici hanno misure differenziate sui due assi: 8,5x17” calzati 235/45 davanti e 9,5x17” con gomme 265/40 dietro.

Scheda tecnica Opel Omega Lotus (1990)

Motore Tipo C 36 GET Sei cilindri in linea anteriore longitudinale Alesaggio 95 mm Corsa 85 mm Cilindrata 3.615 cc Rapporto di compressione 8,2:1 Potenza massima 377 Cv a 5.200 giri Coppia massima 56,8 kgm a 4.200 giri Indice di elasticità 1,35 Distribuzione a doppio albero a camme in testa, quattro valvole per cilindro Alimentazione ad iniezione elettronica multipoint, due turbocompressori Garrett T25, intercooler Lubrificazione forzata a carter umido Capacità carter olio 8,3 litri Raffreddamento ad acqua Impianto elettrico 12Volt Alternatore 90 A batteria 66 Ah Trasmissione Trazione posteriore Frizione monodisco a secco 241 mm Cambio manuale Getrag a sei rapporti Rapporti del cambio I: 2,68:1; II: 1,80:1; III: 1,29:1; IV: 1:1; V: 0,75:1; VI: 0,5:1; RM: 2,50:1 Rapporto al ponte 3,45:1 Pneumatici anteriori 235/45 x17, posteriori 265/40x17 Cerchi in lega anteriori 8,5Jx17”, posteriori 9,5Jx17”

Corpo vettura Scocca portante Berlina quattro porte Sospensioni anteriori a ruote indipendenti schema Mc Pherson Sospensioni posteriori indipendenti, bracci obliqui, puntoni, molle elicoidali Freni a disco ventilati, ABS Sterzo a circolazione di sfere, servosterzo elettronico Capacità serbatoio carburante 75 litri Dimensioni (in mm) e peso Passo 2.748 Carreggiata anteriore 1.488 Carreggiata posteriore 1.533 Lunghezza 4.768 Larghezza 1.812 Altezza 1.435 Peso a vuoto 1.690 kg Prestazioni Velocità massima 283 km/h Accelerazione 0-100 km/h 5,4 sec

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