Triumph TR4: lo sport quotidiano

È il modello con cui la Casa inglese passò dalla sportività dura e pura a una visione più comoda della passione per la guida. Restano il piacere dei motori (soprattutto sulla “5”) e delle finiture

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Meravigliosi gli anni sessanta! Pochissimi hanno saputo resistere all’ansia di rinnovamento che il decennio ha portato con sé; non la Triumph, che proprio nel 1961 decide che la TR3 ha fatto il suo tempo e, in settembre, a essa affianca, per presto sostituirla, la nuova TR4.

È una scelta felice perché ormai le scomodità tipiche delle classiche roadster inglesi senza cristalli laterali sono sempre meno tollerate; tuttavia, nel caso della TR3A (così definita per distinguerla dalla precedente TR3 a bocca stretta) che gradatamente viene sostituita, non tutti sono d’accordo e la Triumph è praticamente “costretta” a rimetterla in produzione nel 1962 per accontentare la clientela USA ancora affezionata alle sue ottime qualità stradali abbinate alla linea anni ’50. Perciò sono assemblati e venduti oltre 3.300 esemplari con il motore 2.1 e il cambio sincronizzato, ovvero le principali novità tecniche della TR4; per distinguerla dalle altre oggi quell’ultima versione è denominata TR3B.

Design Michelotti

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Prerogative esclusive del nuovo modello restano invece lo sterzo a cremagliera, per un comando molto più fluido, e la carrozzeria. Quest’ultima è opera del grandissimo Giovanni Michelotti, già coinvolto con la Triumph per la piccola berlina Herald. Oggi la macchina appare bellissima, così come si possono apprezzare le codine posteriori, non esagerate e perfettamente coerenti al periodo. Senza contare la praticità: finalmente anche chi non è un fantino entra ed esce con facilità da una Triumph spider e riesce a viaggiare con una certa comodità, anche se all’inizio, nell’ottica della massima economia, i sedili restano quelli della TR3A. La quantità di bagaglio necessaria per un bel fine settimana in compagnia può essere poi stivata nel vano apposito senza la necessità di montare il portapacchi esterno.

La meccanica, a parte gli aggiornamenti descritti, rimane quella della TR3A in quanto risorse per aggiornarla non ve ne sono; peraltro non è che se ne senta il bisogno visto che il peso rimane uguale, le prestazioni sono quindi soddisfacenti e la frenata di conseguenza, pur con i soliti tamburi posteriori.

Liste di attesa fino a 18 mesi

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Il frontale dell'auto disegnata da Michelotti è molto personale

Il successo di critica è molto buono e quello di pubblico ancora superiore con liste di attesa che, a un anno dal debutto, raggiungono i diciotto mesi. Soltanto due sono le cause di lamentela: la capote dall’azionamento troppo macchinoso (è ancora separata dal suo telaio) e le sospensioni posteriori a ponte rigido con balestre, che sullo sconnesso provocano saltellamenti che limitano tenuta di strada e comfort. Da tempo la Triumph studia le sospensioni indipendenti anche per il retrotreno, tanto che la già citata Herald è la prima auto popolare inglese a esserne equipaggiata; anche sulla Spider si montano così bracci oscillanti e molle elicoidali dando luogo, a inizio 1965, alla versione TR4A denominata anche IRS (Indipendent Rear Suspensions) e dotata della molto più comoda capote ripiegabile.

Le modifiche alla testata e al collettore di aspirazione del 4 cilindri, insieme alla diversa linea di scarico con terminale a doppia uscita, elevano la potenza a 104 CV dai precedenti 100 con contemporaneo lieve aumento della coppia motrice.

All’esterno gli interventi sono contraddittori: il disegno della calandra diventa più lineare e piacevole mentre sulla fiancata spunta un velleitario profilo cromato che parte all’altezza della maniglia della porta e si conclude davanti con le luci di direzione raggruppate in uno strano “bubbone” che, per quanto cromato, rovina parecchio il lavoro di Michelotti; il rimpicciolimento dei rostri al paraurti anteriore e il loro spostamento più ai margini dello stesso è invece esteticamente ininfluente.

A questo punto è giusto avvertire il lettore che esistono in giro non poche TR4 A con il ponte rigido posteriore: sono quelle richieste dall’importatore USA per poter offrire la vettura a un prezzo inferiore e che negli ultimi decenni sono rientrate in Europa in gran numero; non si tratta quindi di ibridi artigianali da evitare, anzi: come accade spesso, la vita trascorsa in America può avere arrugginito meno severamente le sensibili lamiere di queste vetture.

Abitacolo spazioso, braccia sacrificate

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L'abitacolo è abbastanza spazioso; solo la posizione delle braccia è un po' troppo rannicchiata

Dell’abitacolo non abbiamo ancora parlato, lo facciamo ora per segnalare che si tratta di un posto molto piacevole in cui stare: sufficientemente spazioso all’altezza delle spalle, presenta un ampio ripiano posteriore dove appoggiare borse e cappotti e una bella plancia in puro stile inglese dotata di abbondante e ben disposta strumentazione. Solo la posizione delle braccia, sempre piuttosto rannicchiate, non è completamente soddisfacente come peraltro l’eccessivo diametro del volante; molto strana appare poi la colorazione bianca della plancia indipendentemente dal colore della vettura. Sulla “A” essa è rivestita in legno come dovrebbero fare sempre gli inglesi quando non sanno esattamente cosa fare, onde evitare ricorrenti passi falsi. A questo punto la nostra protagonista, specie se dotata dell’overdrive sulle tre marce superiori ottenibile a richiesta, è diventata un’auto molto godibile anche in lunghi viaggi autostradali; ciò che le manca per la perfezione è un motore più prestante per il quale le richieste degli appassionati sono sempre più ineludibili. Tra l’altro la soluzione è già presente in casa: l’unità a sei cilindri in linea da due litri e mezzo ottenuta rialesando e alimentando a iniezione il due litri della berlina 2000 presente a listino fin dal 1963; questo trapianto dà origine alla regina indiscussa della serie Triumph TR: la 5 che combina questo nuovo sontuoso propulsore con la classica carrozzeria disegnata da Michelotti.

Dal muso della TR5 scompaiono il foro per la manovella d’avviamento, il listello verticale centrale della calandra e la scritta Triumph sul cofano (sostituita da uno stemma trapezoidale con il nome del modello) e sono offerti di serie copricerchi tipo “Rostyle” candidati alla vittoria tra i più brutti della storia dell’auto e quindi da sostituire al più presto con quelli a raggi.

Da non confondere con questo soprano è la versione a carburatori TR 250, allestita per quegli stati USA (come la California) dove le norme antinquinamento hanno cominciato a creare grattacapi ai progettisti già negli anni ‘60 del secolo scorso: depotenziata in maniera drammatica fino ai 104 CV di una TR4, era spesso impietosamente “personalizzata” con una striscia adesiva in colore contrastante e posta di trasverso al cofano motore: un vero insulto!

Non cambia però l’accogliente abitacolo che, su queste sei cilindri, presenta finalmente il volante adatto con diametro ridotto, corona in pelle e razze imbottite insieme con poltroncine molto più confortevoli. Purtroppo la magnifica TR5, degna concorrente della Mercedes SL, rimane in produzione soltanto due anni (il 1967 ed il 1968) prima di lasciare il posto alla TR6, ugualmente eccellente e anche piuttosto bella ma meno affascinante della progenitrice.

Perché comprarla

Perché non ha difetti: chi ama le classiche spider inglesi ma non disdegna una certa praticità d’uso ha la sola alternativa della MG B, che però ha il “problema” di essere, come dicono gli inglesi, “ubiquitous” (troppo diffusa).

Con le TR4 e 5 invece, almeno in Italia e per ora, una certa esclusività è assicurata.

Con una TR4/5 si può fare di tutto: raduni, gare di regolarità, viaggi di piacere (meglio nelle mezze stagioni e con partner appassionato).

Perché non comprarla

Pur rimodernata, la TR4 resta un’auto inglese degli anni ‘60 e questo comporta la facilità alle perdite d’olio, ai black-out elettrici provocati dal “principe delle tenebre” Lucas e una certa qual scomodità aggiuntiva a quella oggettiva di essere una spider; ci riferiamo al motore rumoroso e abbastanza “ruvido”, non molto disponibile agli allunghi (osservazioni queste non valide per la rara TR5) e all’assetto di guida piuttosto “costretto” anche per chi non è un gigante.

Non pensate, poi, di sfruttare la panchetta posteriore, abbastanza ampia in verità, per trasportare dei bambini; pur con tutta l’indulgenza dovuta alle auto d’epoca, qui l’assenza di qualsiasi sicurezza diventa inaccettabile: gli infanti si troverebbero ad essere sballottati a ogni sobbalzo viaggiando, oltretutto, con la testa a pochi centimetri dalle centine della capote.

Uso quotidiano possibile, certo, ma a nostro avviso solo per iniziati giovani e un po’ folli.

Come personalizzarla

La facilità di personalizzazione è una componente principale della gioia di possedere un’auto classica inglese: esistono voluminosi cataloghi, con prodotti acquistabili anche in rete, con i quali divertirsi nell’immaginare come personalizzare la propria beniamina. Basta, come sempre, non esagerare.

Cominceremmo con le ruote a raggi, per noi irrinunciabili per ripristinare quella personalità britannica un po’ smarrita dalla matita di Michelotti e per non essere costretti a vedere gli inconcepibili copricerchi della TR5: dovrebbero essere verniciate color alluminio ma chi optasse per le cromate commetterebbe nulla di male (anche l’ASI chiude un occhio...); altro componente da sostituire con urgenza è il volante delle TR4 con un Moto Lita con corona in pelle sulla prima serie e in legno sulla “A”.

Accenniamo incidentalmente all’incomprensibile plancia bianca della 4 affinché non vi venga in mente di verniciarla o, ancor peggio, rivestirla in legno: è una caratteristica della primigenia 4 e occorre tenersela così. Ben vengano il portapacchi (anche se non necessario) e il terminale di scarico cromato, i fari antinebbia e una buona autoradio, soprattutto sulla sei cilindri.

Ci fermeremmo qui, non prima di aver rimosso la striscia trasversale sul cofano dell’eventuale TR 250 vi capitasse tra le mani e lasciando gli hard top (sì, anche il “Surrey”) agli inglesi, tanto in caso di forte acquazzone piove dentro lo stesso…

Quale scegliere

Pensiamo sia emerso, durante la trattazione, il nostro amore per la TR5 per lo straordinario piacere di guida che essa è in grado di offrire; tuttavia, vuoi per la difficoltà di reperimento, vuoi per il desiderio di qualcosa di più economico, ci sembra che qualsiasi versione sia un buon acquisto. Piuttosto che una bolsa TR 250 però preferiamo una quattro cilindri, e in particolare una IRS per la presenza del cruscotto in legno (ottima quindi anche una “A” con ponte rigido di provenienza USA) e della capote più pratica.

Queste TR, oltre che nel Regno Unito, sono state costruite anche in Belgio e in Italia dalla Ducati Meccanica: sono pressoché identiche a quelle costruite a Coventry con volante a sinistra e quindi acquistabili senza penalizzazioni o sovrapprezzi. Stare alla larga dagli esemplari inglesi con guida a destra. Lo consigliamo sempre ma qui, causa ruggine, è un ordine!

Cosa guardare

Vettura robustissima e supercollaudata, non ha difetti congeniti; il problema più grosso è la ruggine che qui aggredisce con veemenza e, dopo cinquant’anni, anche gli esemplari che hanno vissuto in climi benevoli non possono esserne del tutto esenti: controllare quindi con molta attenzione i fondi e le fessure tra i parafanghi posteriori e la traversa dietro l’abitacolo. Se queste ultime non ci sono, vuol dire che sono piene di stucco e quindi rinunciate all’acquisto; da controllare anche le luci tra le varie parti della carrozzeria che, per quanto non perfette fin dall’origine, non devono essere troppo ampie o diseguali. Sono situazioni comuni in particolare su esemplari inglesi, che vi sconsigliamo a priori di prendere in considerazione, ma possono presentarsi anche su auto di altra provenienza.

Il motore ha la tendenza a perdere olio dal paraolio posteriore dell’albero motore, ma è un problema solo estetico mentre il cambio non risulta essere un prodigio di robustezza: se sentite che rumoreggia da fermo in folle e abbassando il pedale della frizione il rumore scompare, significa che è da revisionare.

Attenzione anche alle TR4 camuffate da TR5 mediante trapianto di motore, non così rare come si potrebbe pensare: controllate il prefisso del numero di telaio che per le sei cilindri autentiche deve essere CP (CD per quelle a carburatori).

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Il telaio di una TR4 prima serie, che si distingue per i filtri dell'aria nero, oltre che per il tappo di rabbocco dell'olio liscio, cioè sprovvisto delle due alette presenti nelle versioni successive

Scheda tecnica Triumph TR4  (1961-1965)

Motore Quattro cilindri in linea Alesaggio 86 mm Corsa 92 mm Cilindrata 2.138 cc Rapporto di compressione 9,2:1 Potenza 100 CV a 4.600 giri Coppia 17,5 kgm a 3.500 giri Indice di elasticità 1,48 Distribuzione ad albero a camme laterale, aste e bilancieri Alimentazione a due carburatori monocorpo SU H6 oppure Stromberg CD 175 Lubrificazione forzata a carter umido Capacità carter olio 6,5 litri Raffreddamento ad acqua Impianto elettrico 12 Volt Dinamo 240 Watt Batteria 57 Ah Trasmissione Trazione posteriore Frizione monodisco a secco Cambio manuale a quattro rapporti, a richiesta Overdrive su II, III e IV marcia Rapporti del cambio I 3,14:1; II 2,01:1; II OD 1,65:1; III 1,33:1; III OD 1,09:1; IV 1:1; IV 0,82:1; RM 3,22:1 Rapporto al ponte 3,7:1, a richiesta 4,11:1 Pneumatici 5.50-15 oppure 5.90-15 Cerchi in acciaio 4,5Jx15” a disco oppure 4Jx15” a raggi. Corpo vettura Telaio a longheroni con traversa centrale a “X” Carrozzeria spider due porte Sospensioni anteriori indipendenti, trapezi, molle elicoidali, barra stabilizzatrice, ammortizzatori telescopici Sospensioni posteriori con ponte rigido, molle a balestra semiellittiche, ammortizzatori a leva Freni anteriori a disco, posteriori a tamburo, impianto idraulico Sterzo a cremagliera Capacità serbatoio carburante 54 litri Dimensioni (in mm) e peso Passo 2.240 Carreggiata anteriore 1.245 Carreggiata posteriore 1.220 Lunghezza 3.960 Larghezza 1.470 Altezza 1.270 Peso a vuoto 940 kg Prestazioni Velocità massima 175 km/h Consumo carburante 11 litri/100 km Accelerazione 0-100 km/h 10,9 sec Accelerazione 0-1000 m 32,9 sec Ripresa 0-1000 m da 40 km/h in IV 36,1 sec

Triumph TR4 A (1965-1967) Come Triumph TR4 tranne:

Motore Potenza 104 CV a 4.700 giri Coppia 17,7 kgm a 3.000 giri Indice di elasticità 1,75 Corpo vettura Sospensioni posteriori indipendenti, bracci longitudinali obliqui, molle elicoidali Pneumatici 5.90-15 Cerchi 4,5Jx15” anche se a raggi Dimensioni (in mm) e peso Carreggiata posteriore 1.230 Peso a vuoto 970 kg

Triumph TR5 (1967 – 1968) Come Triumph TR4 A tranne:

Motore Sei cilindri in linea Alesaggio 74,7 mm Corsa 95 mm Cilindrata 2.498 cc Rapporto di compressione 9,5:1 Potenza 150 CV a 5.500 giri Coppia 22,7 kgm a 3.500 giri Indice di elasticità 1,83 Alimentazione a iniezione meccanica Lucas Capacità carter olio 5,1 litri Alternatore 28 A Trasmissione Rapporto al ponte 3,45:1 Pneumatici 165-15 Cerchi in acciaio 5,5Jx15” Corpo vettura

Servofreno a depressione Dimensioni (in mm) e peso Carreggiata anteriore 1.251 Carreggiata posteriore 1.251 Peso a vuoto 1.090 kg Prestazioni (rilevate) Velocità massima 195 km/h Consumo carburante 12 litri/100 km Accelerazione 0-100 km/h 8,8 sec Accelerazione 0-1000 m 31,3 sec Ripresa 50-110 km/h in IV 9,4 sec

Triumph  TR 250 (1967 - 1968) Come Triumph TR5 tranne:

Motore Potenza 104 CV a 5.000 giri Coppia 21,3 kgm a 3.500 giri Indice di elasticità 2,04 Alimentazione a due carburatori monocorpo Stromberg 175 CD Prestazioni Velocità massima 175 km/h Accelerazione 0-100 km/h 11,5 sec Accelerazione 0-1000 m 33,5 sec

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