Alfa Romeo Alfasud: questione politica

Un’automobile all’avanguardia, anticipatrice di tutte le berline medie di oggi. Ma è stata anche un paradigma dell’Italia come sarebbe diventata: un ottimo prodotto che si fa una nomea negativa (vedi ruggine) perché usato a fini di consenso elettorale

Uscire da una dimensione di nicchia per diventare una realtà industriale. Questo era quanto Giuseppe Luraghi aveva in mente per la “sua” Alfa Romeo nel momento in cui, nel 1960, ne divenne presidente. L’obiettivo richiedeva, però, di avere in listino qualcosa di più popolare, non certo un’utilitaria, ma un’auto da collocare nel segmento immediatamente inferiore a quello di appartenenza della Giulia. E per avere successo il nuovo modello non avrebbe dovuto ripetere concetti già espressi, ma esprimere innovazione, diversità, pur mantenendo prestazioni e personalità da Alfa Romeo.

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Il baricentro è molto basso grazie all'architettura boxer del motore. I freni sono "entrobordo" per alleggerire le masse non sospese a vantaggio della guidabilità

A quell’epoca non c’erano modelli del Biscione a trazione anteriore, anche se la questione era stata dibattuta e c’erano progettisti favorevoli a percorrere questa via. Ma per motivi sui quali non ci dilunghiamo, l’idea non era mai uscita dalla fase sperimentale.

Nel nostro Paese, sul finire degli anni ’60, per molte famiglie l’acquisto di una berlina di 1000-1200 cc di cilindrata non è più un miraggio, tanto che il segmento si presenta ricco di proposte e tutti i principali attori del mercato hanno almeno un modello in produzione. Si decide dunque di farla questa macchina nuova, malgrado le obiezioni di chi tra gli osservatori si chiedeva che bisogno ci fosse per l’Alfa di proporsi in un segmento già affollato. Vada anche per la trazione anteriore, anche perché c’è il sentore che il “tutto avanti” diventerà uno standard nel segmento. Ma... per il motore?

In forza all’Alfa Romeo c’è l’ingegnere viennese Rudolf Hruska, già collaboratore di Ferdinand Porsche, che propende per la realizzazione di un motore a cilindri contrapposti. Hruska, nominato responsabile tecnico del progetto Alfasud, per inciso sarà in futuro designato amministratore delegato della Società Alfasud e direttore generale dello stabilimento di Pomigliano d’Arco. Accanto a lui c’è l’ing. Domenico Chirico che svolgerà un importante ruolo nella definizione e nel completamento del nuovo modello. Attorno alle soluzioni meccaniche scelte resta ora da disegnare una carrozzeria. La nuova macchina ha la trazione anteriore? Ha il motore boxer? Bene, tutte queste novità vanno rese visibili attraverso una linea a due volumi con coda tipo fast-back, che, oltre ad essere diversa da tutte le altre Alfa, piace e sta facendo tendenza. Del lavoro viene incaricata l’Italdesign di Giorgetto Giugiaro.

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Il muso bassa ottenuto grazie alla configurazione boxer del motore ha consentito di  ottenere un Cx pari a 0,41

Così nasce l’Alfasud, per la quale si costruisce un nuovo stabilimento allo scopo di adeguare la capacità produttiva dell’Alfa Romeo alle mutate esigenze. Alla presentazione, al Salone di Torino nel 1971, l’Alfasud (nome scelto per sottolineare il luogo di produzione) stupisce per la bella linea dalle forme morbide ed equilibrate, ma soprattutto perché, pur diversa, è una vera Alfa Romeo. Lo scudetto al centro del muso c’è e poco importa se il marchio ha perduto la scritta “Milano” ora che esiste una realtà produttiva ubicata altrove.

Tutta sua zia Giulia

- recita la pubblicità per evidenziarne la brillantezza. L’alfista, oltre al “carattere”, ritrova nel nuovo modello soluzioni estetiche e un grado di finizione in linea con le altre berline della Casa. E scopre pure un abitacolo confortevole e spazioso, un posto di guida comodo con pedaliera in perfetto asse con il corpo, dove ciascun guidatore può trovare la posizione giusta grazie anche al volante regolabile. E un vano bagagli (400 dmc) degno di una berlina media, ottenuto limitando l’ingombro della sospensione posteriore e montando le cerniere del cofano bagagli all’esterno della carrozzeria.

L’Alfa Romeo dichiara una velocità massima di 150 orari, che nelle prove su strada sono anche superati: è l’auto più veloce del segmento. Merito dei 63 Cv-DIN del quattro cilindri boxer, ma soprattutto della buona configurazione aerodinamica (Hruska aveva posto come traguardo il raggiungimento di un Cx pari a 0,40, la galleria del vento disse 0,41) e di una opportuna scelta dei rapporti al cambio.

Alla prova dei fatti l’Alfasud rivela rimarchevoli qualità stradali: grande tenuta di strada, ottima stabilità, frena bene e sorprende per la facilità di guida e l’immediatezza d’inserimento in curva. La soluzione dei freni anteriori entrobordo, inoltre, alleggerisce le ruote e quindi il lavoro delle sospensioni. In quanto a prestazioni pure, l’accelerazione è brillante e solo la ripresa nel rapporto superiore, complice una quarta marcia piuttosto lunga, dà adito a qualche critica.

L’architettura del motore ha permesso di disegnare un muso basso e profilato che trova prolungamento nella linea di cintura. In questo modo la superficie vetrata è ampia a tutto vantaggio della visibilità. Insomma, l’Alfasud è un concentrato di stile e tecnologia, l’auto più raffinata del suo segmento. Motore efficiente e buona aerodinamica sono la premessa per consumi contenuti, cosa che al momento del lancio passa in secondo piano, ma che diventerà un’importante carta da giocare con la prima crisi petrolifera nel 1973.

Il nuovo modello è vincente anche dal punto di vista commerciale. L’Alfasud, con i suoi 1186 cc, non ruba spazio alla Giulia Super 1.3 vicina per cilindrata, dando la possibilità di acquistare una vera Alfa Romeo a chi fino a quel momento non ha potuto, anche all’estero.

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Le cose sembrano avviate molto bene quando subentrano problemi creati dalla politica, poiché l’Alfa Romeo fa parte dell’I.R.I. e le decisioni passano sulla testa dei dirigenti della Casa. Su tutte sopra quella di Luraghi che, nonostante i risultati ottenuti sotto la sua presidenza, è addirittura cacciato nel gennaio del 1974. Poco dopo, identica sorte tocca a Hruska, capo carismatico di Pomigliano, che è trasformata in una fabbrica di voti obbligando l’Alfa Romeo ad assumere come operai i muratori e carpentieri che l’avevano costruita. Con l’assenteismo e lo scarso o nullo addestramento delle maestranze, emergono i problemi di corrosione e dilazioni nelle consegne e il decadimento dell’immagine del modello. Determinando con ciò un danno a tutto il marchio Alfa Romeo, come aveva previsto Luraghi. E l’Alfasud si fa la fama di macchina che arrugginisce facilmente, nomea che si trascina ancor oggi nonostante lo sviluppo elimini alla radice il problema della corrosione e alzi di molto la qualità dell’assemblaggio. Fu la bontà del progetto a evitare il fiasco, oltre all’intervento della Casa che, risolti gli inconvenienti iniziali, crea un’ampia gamma basata su cilindrate via via crescenti e su allestimenti differenziati.

Hruska ha impostato l’Alfasud prevedendo ampi margini di sviluppo. L’originale motore boxer è progettato come se fosse un 1.500 pensando alla futura gamma, ciò che rende possibile l’aumento di cilindrata fino a 1,7 litri. Il primo passo in tal senso, nel gennaio del 1975, è lo sdoppiamento del modello nelle versioni N e L, vale a dire base e lusso. Stesso motore, qualche miglioria meccanica e allestimento differenziato: la N è analoga alla prima versione del 1971. La L ha i rostri ai paraurti e una molura in acciaio inox lungo la parte bassa della carrozzeria. Entrambe montano cerchi di nuovo disegno e coprimozzo con dadi a vista in luogo dei precedenti integrali con cerchiatura color nero opaco e scritta Alfa Romeo.

All’interno c’è il volante con impugnatura più spessa, la plancia meglio imbottita nella parte centrale e con mensola per l’autoradio. I comandi per la climatizzazione sono illuminati, il lavavetro è elettrico, i braccioli delle porte dietro hanno il posacenere. A richiesta, sulla L, ci sono gli appoggiatesta ai sedili anteriori, il contagiri e le ruote in lega leggera dal disegno “millerighe”.

Potrebbe essere l’occasione per montare il cambio a cinque marce, per il quale invece bisogna attendere il 1976.

Nel 1975 si presenta anche l’Alfasud Giardinetta: senza dubbio spaziosa, rifinita come la berlina L e ha una notevole capacità di carico, ma la linea è squilibrata, con quella coda spigolosa che contrasta con le linee morbide del frontale. In più l’immagine dell’Alfasud è sportiva, in netto contrasto con il modo di percepire una familiare. Non sorprende che ne siano state prodotte soltanto 5.899, con motori 1.2, 1.3 e 1350.

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All’esterno, la modifica più evidente della Super del 1977 sono i paraurti più voluminosi e protetti da una spessa fascia gommata. Poi è stata aggiuntai una cornice nera che ricopre le prese dinamiche d’aria per l’abitacolo alla base del parabrezza oltre ai nuovi profili in acciaio inox lungo le cornici dei finestrini laterali

Il 1977 è un anno importante per l’Alfasud. Compare la versione Super, ma la novità principale è il trattamento grazie al quale la ruggine dovrebbe diventare un ricordo. Per le porte, i cofani e la zona attorno al bocchettone di rifornimento si utilizza la lamiera zincrometal, ritenuta la migliore contro la corrosione. I profili lungo le guarnizioni dei cristalli e le molure decorative sono d’acciaio inossidabile, mentre la lamiera zincata è utilizzata per formare altre parti soggette a ristagno d’umidità. I longheroni, i montanti e tutte le parti scatolate sono riempite con iniezioni di schiuma poliuretanica. Perfino le cerniere del cofano bagagli sono ora in acciaio inossidabile.

Può sembrare strano che una “due volumi” non abbia il portellone, ma fu una tra le scelte di progetto iniziali. Al progetto Alfasud si iniziò a lavorare nel 1967, quando il portellone era ritenuto inadatto a una berlina con caratteristiche sportive. Questa rinuncia consentiva di irrigidire la scocca con una semplice e leggera traversa collocata alla base del lunotto, soluzione che oltretutto conteneva il peso entro il limite fissato di 800 kg. Che alla fine fu comunque superato di trenta, complice la maggiore dimensione scelta per ruote e pneumatici rispetto a quelle in uso su vetture di cilindrata analoga.

Con la Super la Casa innalza il livello di allestimento dell’abitacolo adeguandolo agli standard del periodo. La plancia subisce qualche modifica estetica, sul tunnel compare una vaschetta portaoggetti collegata alla plancia per mezzo di un mobiletto per alloggiare la radio, i comandi della climatizzazione sono meglio disegnati e il volante ha le razze forate con il marchio della Casa in posizione bassa anziché al centro. La strumentazione ha lo sfondo azzurro, la selleria è rinnovata e ci sono inserti in panno sui pannelli porta. Il pomello del cambio, in finto legno, è ora mutuato dalle Alfa di Arese.

All’esterno la modifica più evidente sono i paraurti più voluminosi e protetti da una spessa fascia gommata, l’aggiunta di una cornice nera che ricopre le prese dinamiche d’aria per l’abitacolo alla base del parabrezza e i nuovi profili in acciaio inox lungo le cornici dei finestrini laterali.

Con la Super la cilindrata cresce: entrano in listino la 1.3 e, nel 1978, la 1.5. Sono vetture con prestazioni vicine a quelle ottenute dalle berline 1300 e 1600 di Arese, come dimostrano le prove comparative condotte dai collaudatori della Casa. Fra l’altro la Super 1.3, che ha cilindrata di 1286 cc (68 Cv), nel 1978 viene aggiornata con il motore di 1351 cc derivato dalla 1.3 TI, con potenza che sale a 71 Cv; inoltre con questa cilindrata i limiti di velocità aumentano: 130 km/h in autostrada e 110 sulle statali. Lo stesso motore vedrà salire, nel 1980, la potenza a 79 Cv.

Trascorsi sette anni dalla presentazione, aspetto esterno e personalità dell’Alfasud sono pressoché inalterati rispetto alla presentazione. Sono anni di crisi, di turbolenze in fabbrica, di contestazioni, di difficoltà persino nel garantire un adeguato controllo di qualità. In più la nuova Giulietta appena lanciata, e la versione due litri dell’Alfetta, hanno assorbito il lavoro del reparto progettazione.

L’Alfa Romeo però non ha intenzione di abbandonare l’Alfasud e nel 1980 presenta la terza serie. Il restyling è frutto del reparto stile di Arese ed è all’insegna della nuova frontiera: la plastica (e in generale il colore nero). Il nuovo materiale è usato per i paraurti, lo specchio retrovisore esterno, gruppi ottici posteriori listelli protettivi lungo le fiancate, mentre il nero è usato per la calandra e i coprimozzo dei cerchi a finestrella simili a quelli montati sulle Alfa di Arese e su altri dettagli. I gruppi ottici posteriori sono maggiorati con l’aggiunta di un elemento che comprende le luci di retromarcia e il retronebbia.

L’interno è migliorato in vari dettagli, tra cui gli inserti in finto legno ai braccioli delle portiere e alle maniglie, i sedili anteriori più lunghi di cinque centimetri per migliorare l’appoggio delle gambe, la strumentazione è rinnovata nella grafica e nei colori, mentre le bocchette di aerazione diventano rettangolari. Il volante ha un tampone centrale in rilievo con funzione antiurto (non c’era ancora l’air-bag). Il divano posteriore ha un’interessante novità: il bracciolo retraibile nasconde un’apertura che mette in comunicazione il vano bagagli con l’abitacolo per trasportare oggetti lunghi, come ad esempio un paio di sci.

Nel 1981 viene presentata la versione con il portellone. L'esemplare in foto è una TI

Nel 1981 viene presentata la versione con portellone e la carrozzeria diventa disponibile con tre o cinque porte. Ciò comporta la modifica della scocca al posteriore, con l’aggiunta di scatolati laterali e il bordo del vano bagagli più alto, per ottenere la necessaria rigidezza.

Pochi mesi prima, alla fine del 1980, era stata messa in vendita la serie speciale “Valentino”, curata dal noto di moda. La Valentino, disponibile con motore 1.2, 1350 e 1.5, ha carrozzeria color bronzo metallizzato, tetto nero come i paraurti, cerchi ruota dorati e una filettatura bicolore con il nome dello stilista sulla parte dietro della fiancata. All’interno la selleria è in velluto nero con bordature rosse e nere. La moquette del pavimento è color ocra.

Nel 1982, al Salone di Torino, vede la luce la serie speciale “junior” a quattro porte, motore 1.2 e cambio a cinque velocità. Prodotta in tiratura limitata (4.500 esemplari per il mercato italiano più altri 1.500 per quello estero) prende il ruolo di versione speciale economica, priva com’è del bracciolo centrale sul divano posteriore, degli appoggiatesta, dell’orologio digitale e dei vetri azzurrati. La selleria è in texalfa beige con parte centrale in velluto marrone. La cappelliera è rivestita in feltro e i rivestimenti del fondo e dei passaruota, in moquette bouclé, ne completano la finizione.. Si distingue per una filettatura lungo la linea di cintura composta dai colori rosso, arancio e giallo. È disponibile nelle tinte avorio, marrone testa di moro e bianco e per identificarla si aggiunge in coda dal lato sinistro la scritta “junior”, colorata come la filettatura.

Sempre nel 1982, accanto alle versioni 1.2 e 1.3 con allestimento più completo e chiamate SC, viene presentata l’interessante Quadrifoglio Oro, con motore 1.5 da 95 Cv derivato dalla TI. È la versione di vertice per le finiture di alto livello e la ricca dotazione di accessori. È veloce, comoda e anche silenziosa, per merito dell’abbondanza di materiale insonorizzante; si presta quindi anche al turismo a lungo raggio.

L’Alfasud Quadrifoglio Oro ha il volante con corona in finto legno che richiama il pomello del cambio, la calandra è color grigio metallizzato, c’è il lava-tergifari, gli indicatori di direzione anteriori hanno il trasparente bianco anziché arancione, il profilo sottoporta è doppio, i cerchi hanno la parte centrale interamente nera (solo la corona esterna è grigio alluminio) e ci sono il tergilunotto e i vetri atermici azzurrati di serie. La carrozzeria è a cinque porte. Completano la dotazione gli alzacristalli elettrici anteriori, la vernice metallizzata e le cinture di sicurezza.

Il 1982 è anche l’anno del mal sopportato (dai clienti) allungamento dei rapporti del cambio. L’obiettivo è risparmiare carburante e qualche vantaggio c’è, ma ne soffre la ripresa nel rapporto più lungo. Gli utenti devono scalare in quarta per avere la ripresa che prima avevano in quinta e storcono il naso. La massima velocità è raggiunta in quarta marcia e non più in quinta.

Si arriva così all’estate del 1983, quando è presentata l’erede, la 33 che ne mutua il motore. Fino a quel momento, però, l’Alfasud è la vettura qualificata al livello più alto del segmento, avendo tenuto per dodici anni la scena senza temere confronti con alcuna concorrente grazie alla bella linea, alla raffinatezza meccanica, all’abitabilità in rapporto alle contenute dimensioni esterne, alle prestazioni e al comportamento stradale.

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Alfa Romeo Alfasud 1.2 e Super

Motore

Anteriore longitudinale, 4 cilindri contrapposti, monoblocco in ghisa, testa in lega leggera, albero motore su 3 supporti di banco Alesaggio e corsa 80 x 59 mm Cilindrata 1186 cc Velocità media del pistone (m/sec) 11,8 a 6000 giri Rapporto di compressione: 8,8:1 (9:1) Potenza 63 CV a 6000 giri (68 a 6000) Coppia 9 kgm a 3200 giri (9,2 a 3200) Distribuzione monoalbero a camme in testa, cinghia dentata Alimentazione con carburatore invertito monocorpo Solex C32 DISA/21 (in seguito C32 DIS/40, per Super 4 marce Dell’Orto FRDA 32 F e Weber 32 DIR 51) Accensione a bobina e spinterogeno Candele Lodge-Spica 2HL Lubrificazione forzata, capacità circuito 3,6 kg Raffreddamento ad acqua con pompa centrifuga, circuito chiuso con vaso di espansione, radiatore, elettroventilatore comandato da termostato, capacità circuito 7 litri (poi 7,3 litri) Impianto elettrico 12 V con alternatore da 475 W (in seguito 600 W) Batteria 12 V - 36 Ah (in seguito 43)

Trasmissione

Trazione anteriore Frizione monodisco a secco a comando idraulico, molla a diaframma Cambio a 4 velocità sincronizzate + RM (in seguito anche a 5 marce) Rapporti I 3,545 II 1,941 III 1,292 IV 0,966 RM 3,091 (con 5 marce I 3,545 II 2,062 III 1,434 IV 1,115 V 0,931 RM 3,091) Rapporto finale 9/37 Cerchi in acciaio 4,5J x 13” Pneumatici 145 SR 13 (a richiesta 165/70 SR 13 con cerchi 5J x 13”)

Corpo vettura

Carrozzeria portante a struttura differenziata berlina a 2 o 4 porte, 5 posti Sospensione anteriore a ruote indipendenti McPherson, gruppo molla ammortizzatore coassiale, barra antirollio Sospensione posteriore asse rigido con quattro puntoni con schema a parallelogramma di Watt, barra Panhard, molle elicoidali coassiali con gli ammortizzatori idraulici telescopici Freni a disco, anteriori all’uscita del differenziale, doppio circuito, limitatore di frenata al retrotreno, servofreno a richiesta (di serie da maggio 1973) Sterzo a cremagliera oppure a vite e rullo Capacità serbatoio carburante 50 litri

Dimensioni (in mm) e peso

Passo 2.455 Carreggiata ant 1.384 (con cerchi 4,5J x 13”), 1.392 (cerchi 5J x 13”), 1.384 (cerchi 5,5J x 13”), 1.397 (cerchi 5,5J x 13” in lega e gomme 165/70-13 per 1.2 Super) Carreggiata post 1.351 (cerchi 4,5J x 13”), 1.359 (cerchi 5J x 13”), 1.351 (cerchi 5,5J x 13”), 1.364 (cerchi 5,5J x 13” e gomme 165/70-13 per 1.2 Super) Lunghezza 3.890 (Super 1.2: 3.935) Larghezza 1.590 Altezza 1.370 Peso in ordine di marcia 830 kg per 4 porte, 810 per 2 porte (Super 1.2: 860, Giardinetta: 915)

Prestazioni Velocità massima oltre 150 km/h

ALFA ROMEO ALFASUD Super 1.3

Come Alfa Romeo Alfasud 1.2 tranne:

Motore Cilindrata 1286 Corsa 64 mm Velocità media del pistone (m/sec) 12,8 a 6000 giri (poi 12,37 a 5800 giri) Potenza 68 CV a 6000 giri (poi 71 a 5800) Coppia 9,9 kgm a 3500 giri (poi 10,7 a 3000) Alternatore da 600 W Trasmissione Cambio a 5 velocità Rapporti I 3,545 II 2,062 III 1,434 IV 1,115 V 0,931 RM 3,091:1 (in seguito II 2,048 III 1,452 IV 1,114 V 0,921) Dimensioni (in mm) e peso Lunghezza 3.935 Carreggiata ant 1.392 (con cerchi 5J x 13”), 1.384 (cerchi 5,5J x 13”), 1.397 (cerchi 5,5J x 13” in lega e gomme 165/70-13) Carreggiata post 1.359 (cerchi 5J x 13”), 1.351 (cerchi 5,5J x 13”), 1.364 (cerchi 5,5J x 13” in lega e gomme 165/70-13) Peso in ordine di marcia 870 kg Prestazioni Velocità massima 155 km/h

ALFA ROMEO ALFASUD SUPER 1350 / SC 1.3

Come Alfa Romeo Alfasud 1.2 tranne:

Motore Cilindrata 1351 cc Corsa 67,2 mm Velocità media del pistone (m/sec) 3,44 a 6000 giri Potenza 79 CV a 6000 giri Coppia 11,3 kgm a 3500 giri Alimentazione a carburatore doppio corpo Weber 32 DIR 81/250 oppure Solex C 32 EIES 44 Accensione a bobina e spinterogeno

Raffreddamento capacità circuito 7,3 litri Candele Lodge 25 HL Lubrificazione pompa a ingranaggi, capacità carter 4 litri Trasmissione Cambio a 5 velocità sincronizzate + RM Rapporti al cambio I 3,545 II 2,048 III 1,452 IV 1,114 V 0,921 RM 3,89 (versione rapporti corti); I 3,75 II 2,050 III 1,387 IV 1,027 V 0,825 RM 3,89 (versione rapp. lunghi) Rapporto finale 9/35 Pneumatici 165/70 SR 13 Dimensioni (in mm) e peso Carreggiata ant 1.392 (cerchi 5J x 13”), 1.384 (cerchi 5,5J x 13”), 1.397 (cerchi 5,5J x 13” in lega e gomme 165/70-13) Carreggiata post 1.359 (cerchi 5J x 13”), 1.351 (cerchi 5,5J x 13”), 1.364 (cerchi 5,5J x 13” in lega e gomme 165/70-13) Prestazioni Velocità massima 160 km/h

ALFA ROMEO ALFASUD SUPER 1.5

Come Alfa Romeo Alfasud 1.2 tranne:

Motore Cilindrata 1490 cc Alesaggio e corsa 84 x 67,2 mm Velocità media del pistone (m/sec): 13 a 5800 giri Potenza 85 CV a 5800 giri Coppia 12,3 kgm a 3500 giri Alimentazione a un carburatore doppio corpo Weber 32 DIR 71/250 oppure Solex C 32 EIES 43 Trasmissione Cambio: a 5 marce sincronizzate + RM Rapporti al cambio I 3,545 II 2,048 III 1,452 IV 1,114 V 0,921 RM 3,091 Rapporto finale 9/35 Ruote 5,5J x 13” Pneumatici 165/70 SR 13 Dimensioni (in mm) e peso

Carreggiata ant 1.392 (cerchi 5J x 13”), 1.384 (cerchi 5,5J x 13”), 1.397 (cerchi 5,5J x 13” in lega e gomme 165/70-13) Carreggiata post 1.359 (cerchi 5J x 13”), 1.351 (cerchi 5,5J x 13”), 1.364 (cerchi 5,5J x 13” in lega e gomme 165/70-13) Peso in ordine di marcia 880 kg Prestazioni Velocità massima 165 km/h

ALFA ROMEO ALFASUD 1.5 QUADRIFOGLIO ORO

Come Alfa Romeo Alfasud 1.2 tranne:

Motore Cilindrata 1490 cc Alesaggio e corsa 84 x 67,2 mm Velocità media del pistone (m/sec): 13 a 5800 giri Rapporto di compressione: 9,5:1 Potenza 85 CV a 5800 giri Coppia 13,3 kgm a 4000 giri Alimentazione con due carburatori doppio corpo Dell’Orto DRLA 36 D Accensione elettronica senza contatti Candele Lodge 25 HL Trasmissione Cambio a 5 velocità sincronizzate + RM Rapporti al cambio I 3,75 II 2,050 III 1,387 IV 1,027 V 0,825 RM 3,09:1 Rapporto finale 11/39 Pneumatici 165/70 SR 13 Corpo vettura Sterzo a cremagliera Dimensioni (in mm) e peso

Carreggiata ant 1.392 (cerchi 5J x 13”), 1.384 (cerchi 5,5J x 13”), 1.397 (cerchi 5,5J x 13” in lega e gomme 165/70-13) Carreggiata post 1.359 (cerchi 5J x 13”), 1.351 (cerchi 5,5J x 13”), 1.364 (cerchi 5,5J x 13” in lega e gomme 165/70-13) Peso in ordine di marcia 895 kg

Prestazioni Velocità massima oltre 170 km/h

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