18 January 2023

Io e le mie A112 Abarth

Inauguriamo con questo articolo, la nuova sezione dedicata a chi desidera condividere le emozioni che le nostre tanto amate auto storiche sanno regalarci. Ringraziamo Fabrizio Capo per avercele descritte con tanta passione

Quinta e sesta serie

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Ciao appassionati di auto e del brivido della guida, ho appena acquistato due Autobianchi A112 Abarth: una quinta serie del 1980 e una sesta serie del 1984. Ecco a voi una breve recensione della quinta serie del 1980. Premetto che non è originalissima: ha l’assetto ribassato e qualche piccolo lavoretto al motore, cose che all’epoca facevano in molti. La sesta serie invece è totalmente originale, e le sensazioni alla guida sono appena più filtrate e morbide (sia come motore che come assetto) rispetto alla quinta. Fatta questa doverosa premessa,

l’auto è incredibile, tanto da rendere difficile trovare le parole giuste

Come mi confermava qualcuno che ce l’ha, sono sensazioni che se le descrivi non rendono, vanno sentite a pelle. Ci provo, partendo dall’inizio e portandovi virtualmente a fare un giro. Entri nell’auto e vieni catapultato in un’altra epoca: odori, sensazioni, hai la voglia di toccare tutto e di sentirla anche con le mani, oltre che con il naso e con gli occhi. Giri la chiave, e, dopo qualche incertezza l’aria viene squarciata dal rombo del piccolo 1050 cc con marmitta Abarth. Devi tenerlo un po’ su di giri e aspettare che il minimo si regolarizzi. Spesso si spegne e devi ripetere la procedura da capo. Anche questi sono gesti dimenticati, che riportano indietro nel tempo, quasi dei riti da appassionati. Come pulire il disco di vinile con l’apposita spazzola, prima di ogni ascolto. Avete presente quando elaboravate lo scooter con gruppo termico maggiorato, carburatore da 21, marmitta a espansione, ecc?

Da 58 a 70 CV

Ecco, Abarth ha fatto lo stesso con questo motore, elaborando l’originario 903cc e 44 cv della A112 fino a 985 cc e 58 CV prima e a 1050 e 70 CV poi: alesaggio maggiorato, pistoni più grossi, carburatore maggiorato e a doppio corpo, asse a camme spinto e marmitta sportiva. Insomma non sono solo due adesivi e tre stemmi. Sembra un motore da corsa, già dal minimo incerto e dalle vibrazioni che trasmette a volante, sedili e a tutta l’auto. Adoro quelle vibrazioni, mi ricordano il mio bicilindrico Ducati. È vivo, ha un’anima, te lo trasmette e non fa nulla per nasconderlo. Adesso mani sul volante: bellissimo. In pelle vera, a due sole razze in alluminio, con l’incisione Abarth e il simbolo Autobianchi al centro, nel clacson: pura poesia.

Mettiamo la prima per partire: lì ti accorgi subito che il cambio invece sente il peso degli anni: non proprio il massimo, sia per la lunghezza della leva che per la precisione degli innesti. A volte le marce non entrano subito e devi fare la doppietta anche salendo di rapporto. Ma non è un vero difetto, aggiunge fascino old. Togliamoci il dente e passiamo all’altra nota dolente, per concentrarci poi solo sui pregi: i freni. Se scendi da una moderna hai l’impressione che l’auto non freni proprio, rallenta decentemente solo se spingi il pedale quasi a fondo corsa. Ma era una caratteristica delle auto di quegli anni, inutile girarci attorno. Dopo qualche ora di guida però, una volta prese le misure e imparato a modulare e anticipare le frenate, usando sempre anche il freno motore, il problema si attenua di molto. È solo un inevitabile paragone con ciò che siamo abituati a guidare oggi.

Si scatena sul misto stretto

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Non è un’auto da velocità: in autostrada la mia velocità di crociera è stata di circa 100 km/h, con il motore che è già a 4mila giri, nonostante la quinta.

Sono arrivato a 120 km/h e sembravano i 200 km/h di una moderna

A esplorare il fondo scala del suo tachimetro non ci tengo, anche perché ho avuto e ho mezzi che fanno quasi il doppio della sua velocità massima. Tutto il godimento con queste “scatolette” è al di sotto dei 120 km/h. E infatti adesso, lasciate le strade dritte e noiose, facciamoci un bel po’ di misto stretto. Ecco, questo è il suo terreno di caccia: impressionante, semplicemente impressionante. Il mix tra sterzo, telaio, sospensioni e motore è micidiale: sembra un’auto da corsa degli anni ‘70.

Lo sterzo è diretto e precisissimo, ha una direzionalità incredibile, esegue i tuoi comandi al millimetro e il telaio risponde in modo egregio: la parte posteriore segue in modo rapidissimo e senza nessuna esitazione tutti i cambi di direzione impartiti dallo sterzo, anche minimi. Ecco perché è una delle auto più blasonate in gimkane e slalom. Grazie anche alla leggerezza (700 Kg in ordine di marcia) il sottosterzo è quasi assente. Se parliamo di purezza e precisione di guida, difficile trovare di meglio. Nonostante ci avessi dato dentro, ero ancora molto lontano dal limite. Potevo andare molto più forte, e la macchina avrebbe seguito fedelmente i miei ordini.

Per quanto riguarda invece il motore, è estremamente reattivo già poco oltre il regime di minimo, difficile riuscire a partire senza farla pattinare. Ha un’ottima coppia già ai regimi intermedi, e quel risucchio del carburatore doppio corpo ti rimette in pace con la vita e con il mondo. Oltre i 5 mila giri sembra un motore da corsa. Nelle prime marce bisogna stare attenti perché superare i 7 mila giri è un attimo. La prima volta che ho tirato la prima mi sono spaventato, perché ho visto gli 8mila giri di strumento, regimi più motociclistici che automobilistici. Non pensavo prendesse i giri con questa rapidità!

E poi vogliamo parlare degli odori all’interno (sì, anche di benzina incombusta) e dei suoni che cambiano continuamente, ad ogni regime e ad ogni curva? No, qui lo stereo non c’è e non lo monterei mai: su queste macchine ci si deve godere una guida romantica, che ormai abbiamo dimenticato. E poi è minuscola, rosso corsa, cattivissima e bellissima.

Che volete di più da una, anzi due, piccole scatolette velenose degli anni ‘70?

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