Ingegnere, quale fu il motivo per cui la Lamborghini mise in listino la Urraco?
All’epoca producevamo tre auto al giorno: una Miura, una Jarama e un’Espada. Con la Urraco l’obiettivo era di produrne una quarta, così da incrementare la produzione a circa 1.000 auto l’anno. Il nuovo modello non avrebbe però dovuto rubare il mercato alle altre: così fu inserito in un segmento inferiore; doveva essere un’auto da usare tutti i giorni e meno appariscente della Miura.
Come riuscì a conciliare la riduzione dei costi con l’eccellenza nelle soluzioni tecniche indispensabile per un’auto che si chiama Lamborghini?
Progettando interamente la vettura da zero, motore compreso. E lavorando in stretta collaborazione con Marcello Gandini. Con il designer di Bertone mi sono sempre trovato bene: il dialogo tecnico era facile e spontaneo.
Il motore della Urraco è un 8 cilindri a V. Non sarebbe stato più semplice ricavare un V6 dal V12 esistente?
Il problema non era diminuire il numero dei cilindri, ma avere un motore più economico da produrre. Un V6, derivato dal V12 che già avevamo, sarebbe stato un bialbero ugualmente complicato. E inoltre al cliente sarebbe sembrato un motore “dimezzato”. Il V8 della Urraco è monoalbero con una cinghia dentata una catena: una soluzione innovativa, che permetteva una grande semplificazione nelle fusioni: le teste, per esempio, sono intercambiabili. Le camere di scoppio ricavate nel pistone semplificano le lavorazioni della testa. Tutti gli organi accessori, come il distributore d’accensione, la pompa dell’acqua, il compressore per il condizionamento eccetera, erano riuniti in un unico supporto installato nel V delle bancate, e comandati da un solo alberino.
Tuttavia 220 CV sono tanti per un 2.500, oltretutto a due valvole per cilindro.
Una Lamborghini doveva essere una Lamborghini: su questo non si poteva transigere… Questo motore richiese, proprio per le novità che introduceva, un forte impegno nella fase sperimentale per arrivare ai livelli di prestazioni e affidabilità che ci eravamo prefissati.
In una sportiva il comportamento stradale è fondamentale. Eppure la Urraco monta uno schema di sospensione McPherson, economico e facile da montare, ma che non è il massimo in fatto di precisione.
In effetti il McPherson impone dei limiti nella libertà della progettazione ottimale della geometria della ruota e nella sua dinamica (scuotimenti, sterzata). Necessita quindi non solo di un’accurata progettazione della sua geometria, ma anche di una valutazione di tutte le parti elastiche che fanno parte delle masse non sospese, non ultimi i pneumatici. Eventuali deformazioni di questi ultimi, con valori non compatibili, portano, infatti, a un cattivo funzionamento delle sospensioni stesse (con instabilità, consumo eccessivo dei pneumatici, eccetera). Noi risolvemmo il problema montando il gruppo motore-cambio su un telaietto ausiliario che supportava anche le sospensioni posteriori. Queste erano ancorate al telaietto tramite elementi relativamente poco deformabili per assicurare il mantenimento della geometria scelta. Il telaietto, a sua volta, è ancorato alla scocca in modo elastico, così da smorzare le vibrazioni e migliorare il comfort. La sospensione, così vincolata, lavora perfettamente.
Come si arrivò alla soluzione dello sterzo senza piantone?
Il sistema di sterzo era stato progettato pensando prima di tutto alla sicurezza. La scatola sterzo, a cremagliera, è fissata sul parafiamma anteriore: quindi in posizione molto arretrata. In questo modo, in caso d’urto, si evitano i danni provocati al conducente dalla penetrazione del piantone dentro l’abitacolo. Per ulteriore sicurezza, tra il volante e la scatola sterzo c’è un soffietto di lamiera, che assorbe l’urto deformandosi in modo progressivo e controllato. Facemmo anche il volante a calice per evitarne la deformazione causata dalla spinta in avanti delle mani nell’eventuale urto.
I crash-test erano anche allora obbligatori. Ci furono problemi?
Assolutamente no. Avevamo una sola vettura a disposizione da sottoporre al test e dovevamo superarlo: non potevamo permetterci di distruggere molte automobili, bisognava pensarci bene prima, facendo tutti i dovuti calcoli e andando alla prova sicuri del fatto nostro. Ma tutto andò per il meglio