Il fenomeno delle "spiaggine"

Simpatiche e colorate, le Fiat Nuova 500, 600 e 600 Multipla Jolly sono ideali per yacht, golf e vacanze al mare. Inventate e prodotte dalla carrozzeria Ghia, ebbero successo da Alassio in tutto il mondo. Oggi sono pezzi da collezione

Perché Ghia ha inventato le Jolly, lo capisce bene chi va in barca: arriva al porto da automobilista, salendo a bordo diventa marinaio e al porto successivo si ritrova pedone. Allora il solo andare a fare le spesa per rifornire la cambusa è già fatica, figuriamoci il resto. Con una bici pieghevole diventa tutto più facile, ma se la barca è grande, anzi molto grande, un’automobile va meglio. A questo ha pensato la carrozzeria Ghia anticipando le necessità di una clientela di principi, regnanti, banchieri, industriali e magnati d’ogni stampo, che già aveva assecondato nei desideri più strani: dalla cabriolet per la caccia alla tigre alla “coupé de ville” con le pedane esterne per i paggi. Il nuovo capriccio da soddisfare era un’auto da imbarcare sugli yacht come mezzo d’appoggio a terra. Ferrari, Rolls-Royce e Cadillac, trasporti terrestri quotidiani per i possessori di quei tipi di barca, non erano adatte, ragioni di dimensioni e peso imponevano di orientarsi verso il mondo delle utilitarie. Così fece Ghia, togliendo il tetto e le porte a una Renault 4 CV, dotandola di sedili in vimini a prova di costumi bagnati e di un tendalino colorato per le ore più assolate. Con ciò fissò le caratteristiche di quella che ancora oggi è la tipologia delle “spiaggine”.

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La 500 Jolly "Frog-Eye"

La Renault non colse l’occasione, ma il carrozziere ebbe un’inattesa opportunità nel settembre 1957, quando la Fiat lo comprese fra i 12 destinatari di altrettante scocche della neonata Nuova 500, da carrozzare entro la data del Salone di Torino per suscitare interesse attorno al modello che stentava a imporsi. Le piccole fuoriserie presentate alla rassegna torinese da Canta, Francis Lombardi, Frua, Monterosa, Moretti, Pinin Farina, Siata, Savio, Vignale, Viotti e Zagato ottennero lo scopo desiderato, ma alla fine trovarono scarsi riscontri sul piano commerciale. La proposta più intelligente apparve dunque la Nuova 500 da spiaggia di Ghia, l’unica che ottenne un concreto e duraturo successo di vendite. L’inedita bicilindrica conservò molti elementi della Nuova 500 serie in una trasformazione che potrebbe apparire semplice, ma implicò la soluzione di un importante problema strutturale perchè la scocca auto-portante, privata del tetto, perdeva rigidità. Ghia lo risolse alzando i brancardi (i fascioni sottoporta), introducendo elementi aggiuntivi nei punti più sollecitati e irrobustendo i montanti del parabrezza. Eseguì il lavoro con gran maestria e sicuro buon gusto, condizioni essenziali per evitare che la soppressione delle porte e del tetto facesse assumere alla vetturetta l’aspetto rozzo e incompiuto di un veicolo tagliato a metà.

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Per dissimulare esteticamente la linea di spacco, il carrozziere dispose sul perimetro del taglio un tubo cromato, che evocava i “tientibene” delle imbarcazioni con la doppia valenza pratica di maniglia d’appiglio per i passeggeri e di elemento di irrobustimento. Per simmetria adottò i tubi cromati anche nei paraurti, aumentò così l’impressione dell’oggetto artigianale fatto a mano. L’idea funzionò e affluirono le prenotazioni, prima fra tutte quella dell’Avvocato Gianni Agnelli, non ancora Presidente della Fiat, ma già ammirato trend-setter nel jet-set. Secondo fonti americane l’idea della Nuova 500 “land tender” sarebbe nata proprio da Gianni Agnelli, che voleva imbarcarla sull’Agneta, il leggendario yawl di 82 piedi con lo scafo in mogano naturale e le vele color ruggine. Questa circostanza non è provata, ma è verosimile che il futuro Presidente della Fiat possa avere fornito direttamente o indirettamente indicazioni a qualcuno dei 12 carrozzieri delle Nuova 500 per il Salone di Torino. Infatti, anche la fuoriserie di Francis Lombardi non aveva il tetto e le porte, mentre quella di Pietro Frua, sedili convenzionali a parte, aveva tutte le caratteristiche dell’auto da spiaggia con in più l’originalità stilistica dei fari arretrati come le luci di via dei motoscafi.

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Ha trovato credito anche la diceria che Mario Felice Boano disegnò per Ghia la Nuova 500 da spiaggia, ma la notizia è del tutto priva di fondamento. Infatti, nel 1957 Boano era già fuori dalla Ghia da tre anni e gestiva una carrozzeria con il proprio nome. È vero invece che nel 1958 lo stesso Boano presentò una Nuova 500 fuoriserie che chiamò emblematicamente Spiaggia, ma era completamente diversa da quella di Ghia e non la mise in produzione perché fu chiamato a dirigere il Centro Stile Fiat. Girò quindi il progetto alla carrozzeria Savio, che lo ripropose con piccole modifiche e il nuovo nome Spider Elegance. Torniamo ora alla Nuova 500 di Ghia, ricordando che la disegnò l’ingegnere Sergio Sartorelli e che la chiamò Jolly. Questo nome, facile da pronunciare e noto in tutto il mondo, definì perfettamente la natura e la destinazione della piccola fuoriserie. Infatti, in inglese significa gaio, vivace come appunto è il carattere delle colorate auto da spiaggia, mentre in accezioni meno note “jolly” indica anche i marinai della reale marina inglese e gli assistenti che nel gioco del golf portano le sacche con le mazze.

La Tahiti, versione economica della 500: mancano i tubi laterali e i sedili sono intrecciati in plastica 

Il prototipo esposto al Salone di Torino in rosa metallizzato era un po’ pretenzioso in alcuni dettagli, come la cornice di lamiera sul musetto, le prese d’aria cromate ai lati del sedile posteriore, l’aeroplanino sul cofano, il volante Nardi, i copri ruota lucidi come stampi per budino, il quadro strumenti e la pomelleria in tinta carrozzeria. Nel 1958 Ghia abolì la cornice attorno alla calandra e le prese d’aria laterali per semplificare la produzione e abbassare i costi. Per lo stesso motivo inserì il volante Nardi fra gli optional. Qualche tempo dopo eliminò dalle ruote gli “stampi da budino” e nel 1962 inserì i paraurti tubolari fra gli optional, fornendo di serie quelli della Nuova 500 normale, che costavano molto meno. Nel 1964, infine, studiò una versione semplificata, senza tubi cromati sulla linea di taglio e con intrecci di plastica invece di vimini sui sedili. Destinò la variante, chiamata Tahiti, ai mercati poveri e alla clientela più attenta al prezzo, come gli albergatori che la davano in uso ai clienti.

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La Fiat Nuova 500 Jolly si affermò anche nel ricco mercato nordamericano, dove rimase in listino dal 1958 al 1961 al prezzo di 1.760 dollari contro i 998 dollari del modello di serie. Per questo mercato montò necessariamente i grandi fari “sealed beam” omologati negli USA, che sul compatto corpo vettura risaltarono come gli occhi nelle rane e per questo le procurarono l’affettuoso nomignolo “frog-eye”. Come implicitamente annunciato nella sigla commerciale, la Nuova 500 Jolly trovò effettivamente impiego anche come “golf-car” perché le dimensioni e la disposizione meccanica “tutto dietro” le conferirono un’ottima mobilità fuori strada, mentre la leggerezza impediva alle ruote di affondare nell’erba. La Nuova 500 Jolly si rivelò ideale anche nei tragitti dalle residenze estive o dai grandi alberghi alle spiagge, infine trovò particolari apprezzamenti nelle piccole isole dove la mobilità era limitata. La Fiat Nuova 500 Jolly, insomma, ottenne un incondizionato successo a tutte le latitudini e per tutti gli svaghi

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La 600 Jolly

Tanto bastò perchè Ghia riproponesse la stessa formula sulla meccanica della Fiat 600 e della Fiat 1100. La 600 Jolly entrò subito in produzione e subì un’evoluzione analoga a quella della sorella minore: debuttò nel 1958 con la calandra cromata e fregi vari, che perse poi sulla via della semplificazione; con il tempo incorporò tutte le modifiche del modello base, dai lampeggiatori tondi introdotti nel novembre 1959 al motore di 767 cc introdotto nel settembre 1960. Anche per la 600 Jolly Ghia previde una versione semplificata con fili di plastica invece di vimini nei sedili. Fra le curiosità ricordiamo che una trentina di 600 D Jolly semplificate trasportarono i dirigenti della Fiat e gli ospiti importanti dell’Expo Italia ‘61, che si tenne a Torino nel 1961. Più o meno altrettanti esemplari trovarono impiego come taxi sull’isola di Catalina al largo di Los Angeles. Al contrario della 600 Jolly, quella con la meccanica della Fiat 1100 rimase un prototipo perché a fronte di un’apprezzabile maggiorazione del peso, delle dimensioni e del prezzo, non offriva un maggior numero di posti. La risposta per allargare concretamente il numero dei passeggeri trasportabili era la Fiat 600 Multipla.

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La Eden Rock di Pinin Farina con la panca posteriore in grado di accogliere 6/7 persone. I fianchi alti penalizzano però l'accessibilità

Pinin Farina utilizzò per primo il pianale della Multipla per la fuoriserie denominata Eden Rock, che non aveva pannelli di lamiera in comune con la carrozzeria di serie e che nella parte posteriore era percorsa da un’ininterrotta panca in listelli di legno sulla quale, stringendosi un po’, potevano sedere 6/7 persone. L’unico problema erano le fiancate alte, facili da scavalcare per l’aitante quarantenne Henry Ford II che ebbe uno dei primi esemplari, ma impossibili da affrontare per chi non fosse giovane e prestante. Ghia svolse molto meglio lo stesso tema applicando alla Multipla la formula Jolly, cioè tagliando la parte superiore, alzando i brancardi e disponendo tubi cromati sulla linea di taglio, introdusse inoltre la novità di un secondo sedile posteriore in vimini, disposto vis-a-vis con l’altro per aumentare sia la capacità di trasporto, sia la convivialità a bordo. Anche la 600 Multipla Jolly fece parte del parco macchine dell’Expo Italia ‘61, ma non ebbe una diffusione paragonabile a quella delle altre Jolly con meccanica Fiat Nuova 500 e Fiat 600, che complessivamente totalizzarono circa 400 esemplari. L’ultima arrivata della famiglia Jolly Ghia è quella che Ghia ottenne tagliando la 500 Giardiniera e che fece debuttare nel 1961.

La 500 Giardiniera Jolly, caratterizzata da un piccolo pozzetto dietro i sedili posteriori per riporre eventuali oggetti da trasportare 

La 500 Giardiniera Jolly non migliorò la capacità di carico per quanto riguarda i passeggeri, ma il piccolo “pozzetto” vuoto e piano alle spalle del sedile posteriore si rivelò in ogni modo di grande utilità per trasportare bombole da sub, canne da pesca, attrezzature sportive d’ogni genere e, perchè no, le ceste della spesa per una cambusa verosimilmente capace. Un po’ per la vocazione più utilitaristica e un po’ perché arrivò quasi alla fine del processo di semplificazione che riguardò le sorelle, la 500 Giardiniera Jolly nacque priva di orpelli in metallo lucido e addirittura mantenne i paraurti di serie, che oltre tutto erano più coerenti con le linee squadrate della vettura. Rimasero, ovviamente, i sedili in vimini, i tubi cromati e le tinte marine che fin dall’inizio avevano distinto la famiglia Jolly: azzurro oceano, verde acquamarina, rosso corallo, bianco banchisa, giallo solare o altro a scelta del cliente. La tinta della carrozzeria era normalmente ripetuta nel quadro strumenti, nel volante, nei pomelli, nelle fasce colorate del tendalino e, in alcuni casi, nei cerchi delle ruote.

La produzione delle “spiaggine” della famiglia Jolly andò avanti senza problemi presso la carrozzeria Ghia fino al 1963, cioè fino alla morte del titolare Luigi Segre. Egli era ingegnere per studi, ma per vocazione era un abilissimo commerciante e aveva sviluppato importanti relazioni con diversi costruttori. Da queste relazioni erano nati alcuni fortunati modelli prodotti in gran serie, come la Volkswagen Karmann-Ghia, la Fiat 2300 S e la Volvo P 1800. Con la morte di Segre la carrozzeria Ghia perse tutte le importantissime royalty derivate da questi modelli, perché erano intimamente connesse con la sua persona. Avuta la notizia della fine di Segre, il signor Karmann andò subito a Torino e con freddezza tipicamente teutonica annunciò che il contratto era risolto. Poco dopo, al funerale di Segre, l’ingegnere Gioia della Fiat espresse un concetto del tutto simile. Con il deteriorarsi dei rapporti con la Fiat e l’avvento di un periodo difficile per la carrozzeria Ghia, la produzione delle Jolly perse slancio e andò avanti sull’abbrivio senza lasciare eredi. Ecco perché non vi furono, per esempio, le Fiat 850 Jolly, le 126 Jolly e perchè le Fiat 500 e 600 Jolly restano ancora oggi qualcosa di unico e irripetibile nel panorama automobilistico mondiale.

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