NSU Ro 80: la fantasia al potere

L’auto dell’anno nel 1968 è rimasta famosa per il motore Wankel e i problemi che portava nella fase ancora acerba dello sviluppo. Di piccole dimensioni, permise però di realizzare una linea straordinaria

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Inizialmente, la Ro 80 aveva la calandra in alluminio con la forma a diedro che seguiva la linea della fiancata. Si riconosce anche per i fari ovali singoli

Claus Luthe o Pio Manzù? E’ un interrogativo sulla paternità della linea della NSU Ro 80 che, a nostro avviso, ha una certa rilevanza visto il ruolo che essa ha avuto nel messaggio di modernità che quest’auto trasmise al pubblico fin dal giorno del debutto al Salone di Francoforte del 1967.

Gli esperti del Marchio propendono decisamente per il primo, supportati anche da dichiarazioni di Luthe stesso, ma si sa che ai capolavori capita di avere molti padri e quindi noi, forse anche con un pizzico di sciovinismo, non ci sentiamo di archiviare totalmente l’ipotesi Manzù vista anche la carica innovativa del disegno; caratteristica che è quasi sempre assente in altri lavori dello stilista tedesco che approdano di solito a linee estremamente classiche (per esempio le BMW E30 ed E32) oppure poco originali come la NSU Prinz 4, praticamente una versione bonsai della Chevrolet Corvair.

Pio Manzù, invece, molti lo ricorderanno, è stato l’autore, tra l’altro, della Fiat 127: una vettura di grandi originalità e bellezza, oggi forse ancora più di allora; doti interamente condivise dalla Ro80.

Tanto capace, lo stile di quest’ultima, a sfidare il tempo da ricomparire quasi inalterato sulla versione 1982 della Audi 100, allora l’ammiraglia dell’intero Gruppo VW a cui la NSU era stata “associata” nel 1969.

Certamente, in quel Settembre di cinquantaasei anni fa, l’effetto che questa vettura fece sui visitatori dell’IAA (Internationale Automobil-Austellung) deve essere stato poco dissimile da quello provocato dalla Citroen DS a Parigi dodici anni prima e se il successo commerciale non è stato nemmeno lontanamente paragonabile lo si deve alle perplessità su ciò che sta sotto il suo cofano ed ai problemi che poi effettivamente ha creato.

Stile innovativo, meccanica rivoluzionaria

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L'auto rossa del servizio è del 1972

Come a Parigi 1955, anche a Francoforte 1967, infatti, lo stile innovativo cela una meccanica altrettanto rivoluzionaria; ma se, nel caso della Citroën, le novità si trovano soprattutto nel campo delle sospensioni, sulla NSU “l’imputato” è il motore che rappresenta un’ulteriore evoluzione di un concetto totalmente nuovo di unità motrice che aveva esordito sul mercato giusto tre anni prima equipaggiando una versione decapottabile della NSU Prinz Sport.

Con due rotori al posto di uno raggiunge la cilindrata effettiva di circa un litro che corrisponde, sia tecnicamente sia fiscalmente, a un motore convenzionale di cubatura doppia; privo di componenti in moto alternato come pistoni, bielle e valvole, il motore Wankel (così chiamato dal suo inventore: Felix Wankel, un genio tedesco pressoché autodidatta nato nel 1902) assicura un funzionamento totalmente privo di vibrazioni a qualsiasi regime oltre ad una estrema compattezza in rapporto alla potenza sviluppata: la necessaria precondizione per una parte anteriore della vettura così profilata da consentire un valore del Cx attorno allo 0,35. Un record del periodo che stupì persino i progettisti, che non lo avevano perseguito come priorità.

Purtroppo il Wankel si porta dietro anche due difetti piuttosto pesanti: un consumo di benzina mai contenuto e una durata molto scarsa degli elementi di tenuta della compressione (gli omologhi dei segmenti in un motore a pistoni).

Il primo problema non è mai stato risolto completamente, mentre il secondo iniziò a trovare soluzione già in NSU, dopo che i motori dei primi esemplari non arrivavano ai 30.000 km prima della revisione completa, con danni d’immagine e finanziari rilevantissimi (pur se pare una leggenda che la perdita d’indipendenza della NSU sia da attribuire agli interventi in garanzia eseguiti sui motori delle Ro 80).

Comunque, dal 1970 il gruppo VW corre ai ripari e da quel momento in poi la situazione dei motori della Ro 80 non è più così disastrosa ma ormai è tardi per recuperare il risultato commerciale. La Ro 80 continua a essere prodotta, condividendo la stessa catena dell’Audi 100 nello stabilimento di Neckarsulm, per i pochi e qualificati clienti che continuavano a richiederla e per il top management del Gruppo che apprezzava molto questa comoda e brillante berlina e che, naturalmente, non doveva occuparsi della manutenzione.

Motore modificato nel 1970

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Il ridotto ingombro del motore ha consentito di ottimizzare l'aerodinamica, che vanta un CX di circa 0,35

Le prime modifiche arrivano già nel 1968, quando la Ro 80 riceve il premio “Car of the Year” da una qualificata giuria di giornalisti internazionali: cambia il disegno dei pannelli porta e vengono praticati dei fori di ventilazione nei longheroni sottoporta in funzione anticorrosione.

Nel 1969 la ventola del radiatore diventa in plastica rossa abbandonando l’alluminio e sono disponibili in opzione proiettori supplementari con lampade alogene. Il 1970 è l’anno delle modifiche al motore che ne migliorano di molto la durata.

Una breve premessa renderà più comprensibili gli interventi effettuati dagli ingegneri della VW: gli elementi di tenuta tra le cuspidi del rotore e la superficie dello statore (i “segmenti” del Wankel cui già abbiamo accennato) sono formati da tre parti che inizialmente sono in grafite, materiale molto leggero, autolubrificante ma fragile. Esaminando i motori sostituiti in garanzia ci si accorge che è su questi elementi che bisogna agire e si sostituisce la grafite, dopo vari tentativi con diversi materiali, con una lega molto più resistente, di ferro e titanio, denominata Ferrotic. Parallelamente si riduce il numero delle candele per ogni statore da due a una, si adotta un nuovo impianto di accensione a scarica capacitiva e si ridisegna in parte l’impianto di raffreddamento per migliorarne l’efficienza.

Immediatamente riconoscibile, questa versione molto migliorata, dai doppi fari anteriori (sotto un unico vetro piatto) al posto di quello singolo ovale, dalla mascherina in plastica anziché in alluminio e dalla maniglia cromata sul coperchio del bagagliaio; tutte modifiche eseguite dagli stilisti VW e detestate da Luthe perché in effetti le nuove componenti anteriori non si collegano più armoniosamente con la nervatura della fiancata e la maniglia disturba la pulizia della linea della coda; modifica poco visibile ma utile, l’intermittenza al tergicristallo.

Nel 1972 la raffinatezza costruttiva aumenta ancora con i bracci delle sospensioni anteriori in alluminio anziché in ghisa, starter automatico al carburatore e centralina dell’accensione elettronica spostata in posizione più protetta sul parafiamma (prima era all’interno del parafango anteriore sinistro). Nel 1973 vengono adottati sedili anteriori identici a quelli dell’Audi 100, privi della regolazione in altezza a cui la Ro 80 aveva abituato la clientela; nel contempo vengono modificati i freni anteriori ed i semiassi. 1974: poco da segnalare, solo la vaschetta di espansione dell’impianto di raffreddamento in materiale plastico trasparente e nuovo alternatore con regolatore di tensione incorporato.

Primo e unico restyling della Ro 80 in Agosto del 1975: si tratta di qualcosa di molto discreto che si propone di ammodernare una linea che non ne ha bisogno. Per dovere di cronaca segnaliamo fanalini molto più estesi in coda comprendenti il retronebbia e collegati tra loro da un profilo cromato, logo “cubitale” sul coperchio del bagagliaio dove scompare nuovamente la maniglia, targa sopra il paraurti (non in Italia dove per poter alloggiare la nostra targa quadrata viene adottato un paraurti sdoppiato) ed estesa protezione in gomma sullo stesso che provoca un allungamento della vettura di 15 mm.

Nel 1976 in VW si pensa, per un momento, di dare un’erede più potente alla Ro 80 e in previsione di ciò si allungano i rapporti del cambio e si adotta una pompa dell’olio con maggiore portata ma quando, nel 1977 e dopo circa 37.500 esemplari, la produzione di questa magnifica berlina è sospesa, l’erede non arriverà mai.

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Uno spaccato del motore equipaggiato con due rotori

Scheda tecnica NSU Ro 80 (1967-1977)

Motore Rotativo KKM birotore Anteriore longitudinale Volume camere 498 cc cadauna Rapporto di compressione 9:1 Potenza massima 115 CV a 5.500 giri Coppia massima 16,2 kgm a 4.500 giri Alimentazione a due carburatori orizzontali Solex 18/32 HHD Lubrificazione forzata a carter umido Capacità carter olio 6,8 litri Raffreddamento ad acqua Impianto elettrico a 12 Volt Alternatore 490 Watt Batteria 68 Ah Trasmissione Trazione anteriore Frizione monodisco a secco a comando pneumatico, convertitore idraulico di coppia Cambio semiautomatico a tre marce Rapporti del cambio I: 2,056:1; II: 1,208:1; III: 1,17:1; RM: 2,105:1 Rapporto al ponte 4,857:1 Pneumatici 175 x 14 Cerchi in acciaio 5,5J x 14” Corpo vettura Telaio autoportante Carrozzeria berlina quattro porte Sospensioni anteriori indipendenti tipo McPherson, braccio triangolare inferiore, molle elicoidali, barra stabilizzatrice Sospensioni posteriori indipendenti, bracci oscillanti, molle elicoidali Freni idraulici a disco sulle quattro ruote, servofreno a depressione Sterzo a cremagliera con servocomando idraulico Capacità serbatoio carburante 83 litri Dimensioni (in mm) e peso Passo 2.860 Carreggiata anteriore 1.480 Carreggiata posteriore 1.430 Lunghezza 4.780 (da Agosto 1975 4.795) Larghezza 1.760 Altezza 1.410 Peso a vuoto 1.210 kg

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