Vittorio Maggi
14 February 2023

Puma Porsche: la mamma delle Puma

La Nova è l’auto di cui Adriano Gatto acquistò la licenza negli anni ’70 per produrre la sua fuoriserie in ”kit di montaggio". Questo è il prototipo all’origine di tutto, che all’epoca non ottenne l’omologazione. Monta un motore Porsche 356 2.0 Carrera GS

Ancor oggi quando si incontra, purtroppo sempre più raramente, una “Dune Buggy”, si prova una sensazione di serenità. Sarà per quell’aria di estate che si porta dietro, condita dal fragore del boxer VW con gli scarichi aperti, che a noi appassionati di automobili non dispiace, o forse anche perché simboleggia un periodo che un po’ tutti ricordiamo con nostalgia, quello degli anni Settanta. Le “Dune Buggy” rappresentano quindi il sogno di ragazzini e per la Puma di Roma, la più famosa delle aziende dedite alla loro costruzione, riportano ad anni di grandi soddisfazioni anche commerciali. Fortune dovute anche alla produzione di un’altra auto, la GTV, coupé rossa fiammante, tanto scenografica quanto in realtà dalle prestazioni modeste, dovute sempre al boxer 4 cilindri ex-Maggiolino, anche se negli anni Ottanta e Novanta fu sostituito da ben più prestanti boxer, quelli dell’Alfa Romeo 33, in versione prima da 63 e poi anche 105 CV.

Richard Oakes: designer e produttore

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Quello della Puma GTV è un episodio marginale ma significativo della storia dell’automobile; peraltro quella delle auto “in scatola” è una tradizione che, se in Italia si è sempre scontrata con la burocrazia asfissiante e, alla fine, demotivante, in Inghilterra è sempre stata piuttosto ricca. In effetti proprio dalla Gran Bretagna prende le mosse la nostra storia.

Siamo nel 1971 quando un ventenne appassionato di design e di automobili, crea le linee di quella che sarà la Puma GTV. Si chiama Richard Oakes e lavora per una società che si chiama Automotive Design and Development Limited. Da quel disegno nascono due esemplari di automobile, ma nel 1978 la ditta fallisce. I due esemplari a quel punto sono rimasti prototipi senza omologazione e, a seguito del fallimento, la licenza di produzione della macchina viene ceduta alla Nova Cars di Londra. Quest’ultima, nella stessa operazione, acquista anche uno dei due prototipi, un coupé realizzato sulla base della Volkswagen Maggiolino 1200. Si dà il caso che la Nova Cars sia una ditta fondata… da Richard Oakes, il quale finalmente omologa la vettura da lui stesso disegnata anni prima. Il secondo esemplare era destinato già in origine alle competizioni, a cui evidentemente Oakes aveva pensato fin dall'inizio: al posto del boxer del Maggiolino, infatti, ne montava uno ben più prestante, vale a dire un 1500 Porsche prelevato da una 356. Non che Oakes avesse stipulato un accordo con Porsche in tal senso, beninteso: semplicemente, il motore era stato recuperato da una macchina incidentata.

Adriano Gatto: dalle Dune Buggy alla GTV

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Questo prototipo fu venduto ad Adriano Gatto, titolare della ditta “Puma” di Roma, che nel 1968 aveva avviato una produzione di Dune Buggy del tipo “Manx” su licenza dell’americano Bruce Meyers. Gatto aveva conosciuto Oakes a Londra già nel 1971, in occasione delle premiazioni del concorso indetto dalla rivista Motor Magazine, la quale aveva eletto la futura Puma GTV quale “più bella auto del mondo”. Dal 1978 al 1984 la Puma produsse 100 esemplari di GTV spinti dal motore VW, di cui 52 tuttora circolanti, e in seguito un’altra cinquantina di esemplari del modello 033 dotati dei motori Alfa Romeo, tra cui si contano una trentina di automobili superstiti. Il prototipo in questione servì proprio per produrre gli stampi di quella che sarebbe diventata la Puma GTV, e di conseguenza per l’omologazione alla Motorizzazione di Roma, il 2 luglio 1979.

L’omologazione non fu però concessa per la carrozzeria convertibile coupé/spider, bensì soltanto per la versione coupé chiusa. Il prototipo originario, con parabrezza minuscolo e attillato per la configurazione “barchetta”, rimase quindi l’unico esemplare allestito in quella maniera e fu finalmente omologato nel 1983 con il numero di telaio 77, in seguito alla vendita, con regolare targatura, al pilota Giovanni Baratelli. Quest’ultimo vendette poi la macchina, ridotta a poco più che un rottame, nell’ottobre 2018 a Mario Consoli, cliente e amico di vecchia data di Gatto, nonché egli stesso pilota gentleman. Consoli ha subito avviato il restauro della macchina, approfittando anche di un colpo di fortuna: era venuto infatti a conoscenza del fatto che Porsche Classic a Stoccarda avesse in giacenza un boxer 356 restaurato di tutto punto; non uno qualsiasi però, bensì un 2.0 GS Carrera da 130 CV.

A fine 2019 il motore era a casa sua, pronto per il montaggio in macchina. In effetti la macchina non è una Puma, bensì l’unica Nova rimasta. Il motore 4 cilindri 2.0 Tipo 587/2, raffreddato ad aria, da 130 CV a 6.650 giri con un rapporto peso/potenza favorevolissimo data la massa della vettura di soli 736 kg, rilevati sulla bilancia con pieno di benzina.

Il cambio è a 4 marce, i cerchi sono Fuchs in magnesio da 14” abbinati a pneumatici 205/70 all’avantreno e 225/70 al posteriore, le sospensioni si basano su ammortizzatori Bilstein accoppiati a molle Eibach.

Senza compromessi

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Adriano Gatto acquistò la licenza di produzione dalla Nova, per realizzare la sua Puma GTV, con carrozzeria in vetroresina e linea accattivante e aerodinamica, in vendita a partire dal 1979. Come sulla Puma, anche su questa Nova si accede agendo su una maniglia al centro del tetto e sollevando l’intero padiglione, incernierato davanti al parabrezza e assistito da due pistoni oleopneumatici.

La macchina fotografata dispone però anche del cupolino con parabrezza, non omologato, che la trasforma in spider. A sentire chi ne possiede una, il carattere della Puma è da vera sportiva, senza compromessi. Due posti secchi, in un abitacolo spartano e raccolto dove si sta seduti (sdraiati) dopo qualche manovra acrobatica per entrarvi. Non c’è insonorizzazione e alla voce “comfort” non si trovano molti accessori disponibili. L’assetto rigido e la rumorosità dell’abitacolo trasformano qualsiasi spostamento con la sportiva Puma in una vera gara. Il divertimento è assicurato, specie con la motorizzazione Alfa Romeo 33. La grossa differenza della Nova qui fotografata, rispetto alla Puma GTV, è nelle prestazioni: la velocità massima della Nova è intorno ai 240 km/h, con l’ala posteriore di cui è dotata in posizione di incidenza minima, contro i 150/180 km/h delle Puma rispettivamente con motore VW (35-50 CV) o Alfa Romeo Alfasud 1.2 e poi 1.3 (62-86 CV).

L’ultima evoluzione è del 1991 e si chiama Puma Boxer 90: la linea è più squadrata, il sistema di apertura dell’abitacolo è stato sostituito da due porte “ad ali di gabbiano” e il motore è il boxer Alfa Romeo di 1.490 cc da 105 CV, che consente alla fuoriserie romana di spingersi a 200 km/h e raggiungere i 100 km/h da fermo in 7,5 secondi. A quel punto il mercato si è evoluto in negativo per i piccoli Costruttori: le omologazioni sono sempre più difficili per le auto in kit e la Boxer 90 è più complicata per chi vuol fare da sé. Anche il prezzo è lievitato: si parla di 32 milioni di lire, escluse Iva e immatricolazione, per l’auto già montata e di 9.200.000 lire più Iva, esclusi telaio del Maggiolino 1200 e motore Alfa Romeo, per la scatola di montaggio. Due anni dopo il Costruttore romano ci riprova con la 248, una Puma GTV molto evoluta, non soltanto nella meccanica ma anche nella linea e nelle finiture. È però il canto del cigno: Gatto ne costruisce un solo esemplare, poi chiude l’attività.

Il motore Porsche: un capolavoro d’ingegneria

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Il motore montato sulla Nova-Puma di queste pagine deriva dal Porsche Tipo 547 che fu commissionato all’ingegnere Ernst Fuhrmann direttamente da Ferdinand Porsche.

Siamo nei primi anni Cinquanta e le Porsche 356 si stanno creando una solida reputazione nelle competizioni, ma i motori boxer a 4 cilindri da 1300 e 1500 cc non vanno oltre i 75 CV, nel migliore dei casi. A Fuhrmann si chiede di ottenere una potenza più che doppia. L’unico modo è quello di salire con il regime di rotazione, e il solo modo per farlo è quello di migliorare la distribuzione, dunque passare al bialbero in testa. Il problema è che in quei motori non c’è spazio per avere due alberi su ciascuna testa. Il geniale Fuhrmann però lo spazio lo trova, grazie a una meraviglia ingegneristica fatta di nove alberi, 14 coppie coniche e due alberi di rinvio. In più ci sono la doppia accensione e la lubrificazione a carter secco.

È un motore molto complesso, richiede 120 ore di lavoro per il montaggio e la messa a punto è assai laboriosa perché tutti quegli alberi e rinvii devono essere accordati alla perfezione e con tolleranze minime. Inoltre all’inizio è anche parecchio scorbutico come erogazione. Ma l’obbiettivo è centrato: nella prima prova al banco il Tipo 547 eroga oltre 110 CV a 6.400 giri e allunga fino a 7.000. Merito anche della corsa corta (66 mm con 85 mm di alesaggio, cilindrata 1.498 cc). Fuhrmann progetta anche un ventilatore a doppia entrata per raffreddare adeguatamente il motore. Al massimo dello sviluppo la potenza arriverà a 180 CV, confermando le qualità del progetto; ma sulle 356 GS Carrera di serie si abbassa il rapporto di compressione e la potenza è limitata a 100 CV a 6.200 giri, per questioni di affidabilità. In seguito il “Fuhrmann” salirà di cilindrata: 1.587 cc (tipo 692/2 e 692/3, alesaggio 87,5 mm, 105 e 115 CV) e 1.966 cc (Tipo 587/1, alesaggio e corsa 92 x 74 mm, 130 Cv). Il “Fuhrmann” originario, 1.5, trovò la sua migliore espressione montato sulla Porsche 550 RS Spyder.

SCHEDA TECNICA PUMA GTV (1979)

Autotelaio Volkswagen Maggiolino Motore Volkswagen 1.385 cc, 4 cilindri contrapposti, potenza massima 35 CV, raffreddamento ad aria Lunghezza massima 4.200 mm, larghezza massima 1.800 mm, altezza massima 1.100 mm, carreggiate 1.490 mm Ruote con cerchi 10x14” e pneumatici 205/70-14 Peso a vuoto 660 kg

PUMA GTV-033/S (1984) Come Puma GTV tranne: Motore Alfa Romeo Alfasud 1.186 cc, potenza 63 CV

PUMA BOXER 90 (1991) Come Puma GTV-033 tranne: Motore Alfa Romeo 33 1.490 cc, potenza 105 CV, altezza massima 1.150 mm

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