Al Salone di Francoforte, nel settembre 1961, la BMW (acronimo per Bayerische Motoren Werke) espone un modello sul quale sono riposte molte speranze: è la berlina 1500, la base della “Neue Klasse” che determinerà il rilancio della Casa bavarese dopo gli anni di crisi seguiti al secondo conflitto mondiale. Raggiunto con la Isetta il traguardo della sopravvivenza, il consolidamento era proseguito con la piccola 700, l’utilitaria messa in commercio per generare, grazie agli elevati numeri di vendita possibili solo ad una vettura popolare, i mezzi finanziari utili per espandere il listino e scongiurare il pericolo che il marchio bavarese finisse per confluire nella Mercedes, come si vociferava alla fine del 1959. Lo scopo finale era farsi largo nel settore delle berline medie, dove in passato il nome BMW aveva occupato un posto di rilievo con modelli destinati a clienti che amavano sì il comfort e la classe, ma non erano disposti a rinunciare alla sportività. Perciò, nella nuova berlina sarebbe dovuto risultare evidente il legame con la storia del Marchio, reso palese attraverso soluzioni estetiche e meccaniche riconosciute tali dai clienti. Diversamente sarebbe stato un fiasco, con il definitivo addio alle speranze di ripresa.
DESIGN ITALIANO
Come spesso è accaduto nella storia dell’auto, fu un italiano, il torinese Giovanni Michelotti, a togliere le castagne dal fuoco ai dirigenti bavaresi disegnando una carrozzeria elegante, discreta e ricca di spunti moderni, ma nello stesso tempo così personale e innovativa da influenzare il disegno dei futuri modelli BMW per trent’anni. In quelle linee la benestante e conservatrice borghesia tedesca poteva riconoscersi: medici, ingegneri, avvocati, professionisti, ma anche manager e uomini d’affari trovavano nella BMW 1500 (il motore era stato progettato da Alex von Falkenhausen) la soluzione idonea a mettere d’accordo le disponibilità economiche con l’esigenza di dare lustro all’attività professionale. E quella stessa clientela si mantenne negli anni fedele, seguendo lo sviluppo del modello lungo la via del maggior benessere che si stava diffondendo in tutta Europa. Ecco allora comparire prima la 1600 e la 1800 con a fianco la sportiva TI, poi la 2000, la 2000 TI e tilux per culminare nel modello fotografato in questo servizio: la 2000 tii, vale a dire l’evoluzione ultima in chiave motoristica e prestazionale.
MOTORE
Milleotto brillante, duemila in souplesse La 2000 è presentata al Salone di Ginevra nel 1966. Si rivolge ad un pubblico divenuto più maturo e consapevole e quindi è giusto che la caratterizzazione estetica premi il salto di qualità. In casi come questo non basta aggiungere nuovi accessori: il cliente che spende di più vuole distinguersi da chi possiede il modello base e per questo motivo la vettura deve dichiarare anche visivamente la maggiore cilindrata. Il frontale della 2000 presenta così dei nuovi fari rettangolari che richiamano l’analoga geometria dei gruppi ottici posteriori, ora a sviluppo orizzontale e più estesi.
Osservando bene la vettura si nota una particolarità, oggi data per scontata, ma che ieri destava curiosità: l’aletta posta sulla racchetta del tergicristallo dal lato guida per evitarne il sollevamento alle velocità autostradali. Era un dettaglio, ma rivelava un’attenzione ai particolari davvero rimarchevole. Bello e caratteristico è l’inserto d’alluminio satinato che arricchisce lo “scasso” posteriore nel quale è alloggiata la targa, un particolare che non c’era nei modelli di cilindrata inferiore. Lì si trova il marchio di fabbrica, in una locazione insolita per i canoni dell’epoca, mentre la targhetta con l’indicazione della cilindrata è traslata a destra sotto la battuta di chiusura del coperchio bagagli. Le modifiche esterne sono completate dal profilo cromato che percorre la linea di cintura e che sottolinea ora, nella vista frontale, anche il cofano motore. L’interno riprende le soluzioni della 1800 TI. Le modifiche sono marginali e riguardano qualche dettaglio dei rivestimenti, dei pannelli porta e della selleria, ma l’impostazione resta quella conosciuta. Il punto forte è il nuovo motore la cui potenza, 100 CV, si colloca a metà tra i 90 della 1800 e i 110 della 1800 TI. Le prestazioni della 2000 sono inferiori a quelle della 1800 TI, ma la maggior coppia del due litri ai bassi regimi rende la guida più facile e meno affaticante. Che è proprio l’obiettivo che la Casa si era posta pensando al cliente tipo della 1800 TI e della 2000: sportivo il primo, compassato il secondo. Ma non sempre gli esperti del marketing le azzeccano. Al cliente compassato sta bene la souplesse di guida, ma quando si tratta di affondare l’acceleratore vuole che la 2000 stia davanti alla 1800, TI o non TI che sia: “noblesse oblige”.